Recensione: Signum Regis

Di Alessio Meucci - 6 Agosto 2009 - 0:00
Signum Regis
Band: Signum Regis
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
Nazione:
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66

Vi dicono qualcosa un certo Göran Edman e un certo Tommy Hansen?
Per chi non lo sapesse, il primo è un cantante, noto soprattutto per aver militato nelle fila della band di Mr. Yngwie Malmsteen nel biennio ’90-’92; il secondo è uno dei più noti produttori, al quale spesso si accostano grandi album. Definirlo Mr. Garanzia, quindi, non è esagerato.
I Signum Regis nascono nel 2006, come sorta di Vindex 2, visto che i 4/6 provengono da tale gruppo e dopo appena due anni si presentano al mercato subito con un album ufficiale, che porta come titolo semplicemente il moniker del gruppo.

L’influenza dei cinque slovacchi (Edman è svedese), come loro stessi scrivono nel loro sito, spazia dal power, all’heavy, dal prog al neoclassic/shred, seguendo le orme di mostri sacri del calibro di Helloween, Impellitteri, Rainbow e, ovviamente Yngwie Malmsteen. Non inganni, quindi, la copertina in stile epic-viking, genere totalmente assente.
Veniamo al disco. Signum Regis non grida certo al capolavoro o al cd di cui tutti avevano bisogno, ma nella sua umile e genuina proposta riesce a farsi apprezzare, soprattutto per le capacità tecniche e la produzione in chiaro stile hanseniano. Davvero ottima la prova dei chitarristi Filip Koluš e Ado Kaláber, melodici e precisi. Assoli fulminanti sempre in primo piano, ma mai noiosi e riffs graffianti si alternano in un susseguirsi di intrecci spesso neoclassici ai quali si aggiungono frequentemente accompagnamenti tastieristici e backing vocals in stile hard rock anni ’80. Come direbbe Bruno Pizzul in una telecronaca calcistica: “Tutto molto bello!”.

Ma si sa, a braccetto al bello, spesso c’è il brutto, la metà oscura, il punto dolente e chi più ne ha più ne metta.
In Signum Regis ciò che non convince granchè è semplicemente il songwriting, unica ma grossa pecca. Intendiamoci, con questo, non mi voglio rimangiare le belle parole spese qualche riga fa, ma se hai tutte le potenzialità, per far colpo devi sfornare qualcosa di accattivante e più incisivo. Delle undici canzoni del full-length, solo poche riescono in tale impresa. La helloweeniana “All Over The World“, “Bright Days Of Glory“, “Follow The Light” a l’ottima strumentale “Mountain Haze“, i brani più riusciti a mio avviso. I restanti episodi filano via sornionamente, senza quel trasporto da indurre l’ascoltatore a riascoltare il disco più volte.

Alla fine ti ritrovi comunque con un discreto album tra le mani, ben suonato e confezionato a dovere, ma per dire che è nata una nuova grande band è ancora molto presto e immaturo. Lasciamo migliorare i Signum Regis e diamo tempo alle loro menti di creare qualcosa di più interessante; forse in futuro potremmo adorarli.

Alessio ‘the Metalkeeper’ Meucci

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Tracklist:
1. Fields Of Stars  05:54 
2. All Over The World  05:15 
3. Neverland   04:07 
4. For Ever And A Day  04:07 
5. Bright Days Of Glory  05:20 
6. The Rain   03:51 
7. Passionate Love  03:28  
8. Mountain Haze  03:28 
9. Follow The Light  05:14 
10. The Ten Thousand  04:58 
11. Sirens Roar  05:01 

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