Recensione: Skullreader
Nel 2008 l’uscita di “Darkspace III” fu salutata come una folata d’aria fresca nel panorama black mondiale. Il trio elvetico aveva dato alle stampe uno dei dischi migliori dell’annata e in assoluto una delle più valide e interessanti produzioni in campo estremo dell’ultimo periodo. A un anno di distanza la Avantgarde Records pubblica anche l’esordio solista di Zhaaral, chitarra e voce su quel piccolo capolavoro di “Darkspace III”.
Con il suo progetto solista, i Sun of the Blind, Zhaaral porta avanti un discorso molto simile a quello dei Darkspace. Parliamo di un black metal oscuro e atmosferico che ha saputo innovarsi trovando nell’uso dell’elettronica, nei sintetizzatori, ma anche in una certa vena gothica e decadente, ambient, gli elementi utili a creare un sound moderno, pur rimanendo legato a quel raw black metal degli inizi. Pur venendo etichettati come gruppo sperimentale o avantgarde, infatti, sia i Darkspace che ora i Sun of the Blind sono molto vicini, come temi trattati e come emozioni fatte provare all’ascoltatore, al black metal delle origini. Forse anche più di molti gruppi che si dicono, oggi, tradizionalisti e che affermano di suonare “true fucking black metal”.
L’inizio del movimento era caratterizzato da sensazioni disturbanti, melodie gelide, atmosfere malate (merito, in quel caso, anche di produzioni veramente pessime) e di tematiche nichiliste, che facevano dell’annullamento dell’uomo il punto centrale. Tutti elementi di spicco della produzione di questi elvetici, sia in gruppo che solisti.
Riguardo all’esperienza solista di Zhaaral, ascoltando il suo primo disco non si può non notare come il musicista sia stato un attento studioso di gruppi storici della scena black (e metal in generale) e delle “nuove” leve più promettenti. Qui e là, lungo tutta la tracklist, infatti, si possono percepire echi di Summoning, Samael, Deathspell Omega, Arcturus, Shining, Katatonia.
Passando a parlare più nello specifico di questo “Skullreader” lo potremmo quasi definire un album strumentale. L’apporto della voce, sempre in growl o in un lacerante scream, è limitato a poche e brevi apparizioni. Tutto il compito di creare la giusta atmosfera per questa sorta di “viaggio mentale e introspettivo” è demandato a chitarre e synth. Zhaaral, per il suo esordio discografico solista, preferisce alleggerire leggermente il sound rispetto ai Darkspace lasciando maggiori aperture melodiche che potrebbero ricordare un certo dark gothic alla ultimi Katatonia, farcendo le composizioni anche con qualche rimando mediorientale. I ritmi sono generalmente lenti e ossessivi, quasi doom nel loro incedere (con l’eccezione dell’ultima “Vanitas”, l’unica a presentare tempi a tratti più veloci e aggressivi), mentre i testi seguono il filone dei Darkspace. Un completo annichilimento dell’uomo di fronte alla vastità del cosmo e un suo conseguente viaggio interiore, verso il proprio vero io. Le composizioni si mantengono sempre su un minutaggio piuttosto elevato non scendendo mai al di sotto dei 7 minuti, garantendo, quindi, oltre 45 minuti di musica con solo 5 brani.
La produzione è volutamente sporca, imprecisa, in certi passaggi ovattata. Si tratta di un preciso riferimento ai gruppi black degli inizi, ma anche di esser ben consapevoli di come una pessima produzione può spesso produrre effetti d’atmosfera migliori di molte note. E son pochi i lavori che puntano su un certo sound e una certa atmosfera come questo disco.
Per concludere l’esordio solista di Zhaaral con questi suoi Sun of the Blind non potrà, probabilmente, essere messo a paragone con quanto prodotto finora con i Darkspace. Si tratta, però, altrettanto certamente di un disco sopra alla media, che va ad esplorare ulteriormente limiti e possibilità di un genere in continua espansione. Sicuramente indigesto a molti, ma apprezzatissimo da quel pubblico alla ricerca di nuove sonorità e atmosfere oscure, oltre che di una musica “cerebrale” non alla portata di tutti.
Tracklist:
01 Cursed Universe
02 Lord of Mind
03 Fire and Thirst
04 Ornaments
05 Vanitas
Alex “Engash-Krul” Calvi
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