Recensione: Solar Warden

Di Andrea Bacigalupo - 29 Gennaio 2020 - 8:30
Solar Warden
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Globalizzazione: cosa c’è di meglio della musica per definirne il concetto. Con essa non ci sono confini e barriere ed ogni cultura si unisce per progredire al meglio, senza sovrastarsi.

Esempio di globalizzazione sono i Secret Alliance, nati da un’idea dell’esperto chitarrista e produttore Gianluca Galli (Ex Mantra, Time Machine e Silver Horse tra i tanti) che, per svilupparla, ha chiamato intorno a se talenti del calibro di:

– Tony Franklin, bassista poliedrico inglese, che ha suonato nei Firm, nei Blue Murder di John Sykes e nei Quiet Riot ed ha collaborato tanto con rockers autorevoli quali Jimmi Page, David Coverdale e Marty Friedman quanto con artisti più legati al mondo del pop come Kate Bush, Vasco Rossi ed Eros Ramazzotti.

– Ricardo Confessori, batterista brasiliano, partito come thrasher nei Korzus per poi approdare nei porti Progressive di Angra (ciao Andre!!!) e Shaman.

– Andrea ‘Ranfa’ Ranfagni, una delle migliori voci italiane, cantante dei Silver Horse, subentrato a Tony Martin, e dei Vanexa, collaboratore di Ian Paice, Bernie Marsdene e Don Airey tra i tanti.

Ed ancora:

– l’Australiano Frank Gambale, chitarrista estroso tanto nel suonare l’emozionante blues/rock quanto la più eclettica fusion, che vanta, tra le molte esperienze, un’ampia carriera individuale e come collaboratore del pianista Armando Anthony ‘Chik’ Corea.

– Alex Masi, il nostro ‘guitar hero’, l’anima metal che, dopo aver militato nei Dark Lord di Mestre, si è trasferito in America per concretizzare i suoi progetti personali ed ora si è nuovamente riunito alla band veneta.

– Andrea Bartolini e Andrea Castelli, nei Mantra con Gianluca.

Insomma, tante espressioni musicali, tanta cultura, tante esperienze di vita tutte fuse assieme per racchiudere tante emozioni in un solo platter. Se non è globalizzazione questa …

Solar Warden’ è fondamentalmente un album di classico Hard Rock dal suono pesante, marcato e cupo, incentrato sui riff di chitarra ed attualizzato da moderne influenze progressive.

Il sound sprigiona parecchie emozioni per mezzo di atmosfere oniriche ben agganciate ai testi, che parlano della fine del mondo, degli alieni, dei programmi spaziali segreti, delle credenze delle masse e del nuovo rifugio rappresentato dalla realtà virtuale. Contenuti che vanno ad evidenziare quanto è difficile il mondo in cui viviamo, rimarcando comunque che c’è ancora speranza per l’umanità concludendo l’album con la preghiera ‘Abun D’Bashmayo’, l’originale versione sanscrita del Padre Nostro.

Ed è proprio questo che, a parere di chi scrive, rende l’album particolarmente interessante e da ascoltare con parecchia attenzione: un genere ormai vecchio come il mondo, nato tanto per contestare quanto per svagare e divertire, utilizzato per far ragionare su argomenti attuali e profondi, di grande intensità emotiva. Un ottimo connubio, reso possibile dalle ottime linee progressive che proiettano nel futuro di domani.

Per cui, non un Hard Rock da strada e da casino (che ci piace parecchio, per carità), ma sofisticato, denso di sfumature, originale nel suo essere classico.

In quanto alla mera musica, che dire: ci troviamo davanti a dei maestri che suonano da anni, i cui strumenti sono ormai estensione dei loro arti e della loro mente.

La voce di ‘Ranfa’ è adattissima per esprimere le emozioni che i testi richiedono, sia durante le sezioni più classiche sia durante quelle più Progressive. Una gran prova vocale tenuta per tutto il lavoro.

Le chitarre sono quasi irreali: riff e linee melodiche sono di alto lignaggio e anche se, devo ammettere, non riesco ad attribuire gli assoli alle singole asce, sinceramente m’importa poco tanta è la maestria con cui sono eseguiti.

La sezione ritmica è granitica, inarrestabile, può permettersi ogni cosa …

Parlando brevemente di qualche brano, estratto un po’ a caso essendo tutti di ampio valore, l’iniziale ‘We’re All In’ ha un’andatura cadenzata molto classica e greve, anni ‘70 diciamo, che trasmette bene la sensazione che si sta per intraprendere un viaggio nell’ignoto.

La successiva ‘The Countdown’ è più violenta e cupa, mentre la pesantezza di ‘Walking Man’ è intervallata sia da strofe un po’ rassegnate sia da aperture più luminose ed emotive.

The Wardens’ sa di Heavy Metal pestato, contrapposto all’ampia melodia della voce.

No Faith’ alterna trame pesanti ad altre più profonde mentre ‘Superheroes’ si basa su un duro e pestato tempo medio con delle sezioni di ampia enfasi.

L’ultimo brano, che precede la già citata preghiera ‘Abun D’Bashmayo’, è ‘Dark Side’: sabbathiana come il titolo, gravoso e potente, degno finale di un album dalle ampie emozioni.

Cos’altro dire? Direi nient’altro … lasciamo ‘parlare’ la musica dei ‘Secret Alliance’ contenti che, questa alleanza, non sia più un segreto; speriamo che la loro storia prosegua.

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Genere: Hard Rock 
Anno: 2020
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