Recensione: Songs of Grief and Solitude

Di Alessandro Zaccarini - 25 Dicembre 2006 - 0:00
Songs of Grief and Solitude
Band: Drudkh
Etichetta:
Genere:
Anno: 2006
Nazione:
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66

Nel corso degli ultimi quindici anni molte band dall’animo pagano hanno omaggiato boschi innevati, picchi solitari, baie e sentieri notturni con episodi prettamente folk, rispolverando vecchie melodie popolari e strumenti di epoche lontane. In tempi recenti il fenomeno è cresciuto a dismisura, probabilmente sospinto dall’incredibile e inaspettato successo ottenuto da ‘Visor om Slutet’ dei Finntroll – si parla ormai di un milione di copie vendute, un picco assurdo e impensabile per una band come i troll finnici – e così ep acustici e album ambient/strumentali si susseguono più di prima tra le lande della scena black e pagan.

Oggi, fermarsi a fare tappa acustica tocca al cammino dei Drudkh, realtà sorprendentemente produttiva della scena pagan/black dell’est europeo. In quattro anni di attività la band di Harkiv ha dato alla luce altrettanti dischi da studio, mantenendosi spesso e volentieri su livelli più che decorosi. Non è tutto: un nuovo disco è già in cantiere per l’anno venturo, mentre per chiudere questo 2006 caratterizzato anche dal notevole riscontro di ‘Krov u nashykh Krynytsyakh’, il trittico ucraino ha dato alle stampe questo disco acustico dal titolo ‘Songs of Grief and Solitude’.

Nessuna voce e chitarra acustica che procede quasi completamente isolata in un viaggio introspettivo fatto di melodie malinconiche e ripetitive, calme e blande, attorniate da onde che si infrangono sugli scogli, versi degli uccelli e gli immancabili insetti notturni a fare da contorno. Onestamente il disco non brilla né per intraprendenza né per originalità: le strutture sono tutte simili e molto semplici, le variazioni sul tema pressoché inesistenti e le contaminazioni di ispirazione slava si limitano a un timido fiato qua e là. Il fascino di questo album spoglio e decadente è legato solo ed esclusivamente alla tristezza e alla solitudine che attorniano ogni singola nota.

Se siete propensi a farvi cullare dai lamenti musicali quasi ipnotici di Why The Sun Becomes Sad e Grey-Haired Steppe, o perdervi tra gli otto e nove minuti di triste e monotono incedere di Tears of Gods e The Milky Way, siate i benvenuti. Se cercate troll a caccia di cristiani, violini trascinanti o hummpa acustico, il pane per i vostri denti è altrove. Questo è un prodotto musicalmente appena sopra la sufficienza e assolutamente di nicchia: ‘Songs of Grief and Solitude’ non vi rapirà con il divino splendore di ‘Kveldssanger’, non vi aprirà le porte per la foresta di ‘Urminnes Havd’, non vi condurrà tra avventure di ‘Visor om Slutet’ o nei pascoli di ‘Buchonia’. Qui regnano soltando soltanto dolore e solitudine. Soprattutto solitudine.

Tracklist:
1. Sunset in Carpathians
2. Tears of Gods
3. Archaic Dance
4. The Milky Way
5. Why the Sun Becomes Sad
6. The Cranes Will Never Return Here
7. Grey-Haired Steppe

Alessandro ‘Zac’ Zaccarini

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