Recensione: Sounds Like Hell, Looks Like Heaven

Di Marco Leoni - 22 Ottobre 2012 - 0:00
Sounds Like Hell, Looks Like Heaven
Band: Mustasch
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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80

I Mustasch sono una di quelle rare band che vivono ciò che scrivono nelle canzoni.
Appartengono a quella cerchia di gruppi pazzi, sempre attivi ed adrenalinici,  che dal vivo non deludono. Che non hanno bisogno di avere un moniker da “sempre arrabbiato” o “sempre serio” per colpire l’attenzione e stimolare la fantasia. Per intenderci, che non recitano.

Questo disco lo dimostra in pieno a maggior ragione per il fatto di esser stato prodotto direttamente dal cantante Ralf Gyllenhamma: cose in grande ad un piccolo prezzo.
Eh si, perché questo album oltre ad avere una serie di canzoni molto piacevoli, suona anche molto, molto bene, il tutto (detto per inciso) ad un prezzo di vendita quanto possibile contenuto, stabilito direttamente dalla band stessa. Italia a parte, ovviamente…
Il mixaggio è stato curato da mr. Stefan Glaumann, già responsabile dei lavori di Rammstein, Paradise Lost, Within Temptation: ovvero, dischi dotati di un suono “vero”, non finto e plastificato.
Solo 10 le canzoni inserite in scaletta. E ci verrebbe da dire “meno male”, perché obiettivamente, si comincia ad essere un po’ stanchi di stucchevoli intro da 5 minuti, concept album con 15 canzoni, outro di altri 5 minuti e quant’altro.
Un prodotto insomma, puro, grezzo, d’impatto, senza tante smancerie, capace di spingerti in aria e rivoltarti sotto sopra.

Un disco valido tanto da meritare un dettagliato track by track:

Speed Metal:
Il cd si apre con questa canzone che ha un impatto devastante, sopratutto per quanto riguarda il ritornello.
Da urlo. È un mid tempo assolutamente non scontato, con un riff azzeccato e graffiante.Una canzone scritta per la musica, ben riuscita con cori di fondo che ricordano a tratti i Queen.

The Challenger:
La seconda traccia è l’unica di cui la band ha girato un video, ambientato su 4 ruote. Ha un tempo di batteria in terzine, con urla in gran quantità, accostate genialmente ad arrangiamenti di chitarra, melodici ma mai noiosi.

It´s Never Too Late:
Originale. Apre con un metronomo (analogico) in sottofondo ed una melodia cantata, molto dolce e dall’effetto retrò, per poi sfociare in una cascata di riff graffianti, particolare per il quale i Mustasch sono piuttosto famosi.
Dannie McKenzie suona la batteria in modo davvero convincente, rendendosi protagonista con una serie di bei passaggi tecnici messi al punto giusto.
Il tutto arricchito da un pezzo centrale lento, ripreso dall’intro stessa della canzone.

Cold Heart Mother Son:
Unl’altra apertura singolare per questo pezzo, che poi si concretizza in un ulteriore stampo-Mustasch grazie al riff principale.
Anche qui gran voce da parte di Ralf e bellissimo giro di basso, suonato da Stam…il simpaticone della band, dallo stile molto simile a quello di Geezer Butler dei Black Sabbath.

Morning Star:
Ecco un pezzo lento, ma paradossalmente quasi allegro…forse un tantino strano per un disco dei Mustasch.
E’ la classica canzone che live trascina tutti, in particolar modo ci viene da pensare, il pubblico femminile.

Dead Again:
L’episodio più Stoner-oriented del disco intero. Riff elaborati in stile Sabbath con un tempo di batteria lento e potente. Un passaggio molto riuscito, grazie anche al gran lavoro di voce.

Your Father Must Be Proud Of You:
Simpatica, nel testo e godibile nel giro di basso. Un gran bel bridge…davvero massiccio.

Destroyed By Destruction:
Avete presente un pugno in viso con guanto in pelle rinforzato da placche d’acciaio ? Ecco…questo e’ il riff. L’anima di una canzone quadrata, grezza e molto arrabbiata. Da ascoltare il lunedi.

I Don´t Hate You:
Una grande chitarra infonde emozioni fin nel profondo del cuore, mentre il tempo di batteria non permette di rimanere fermi con la testa.
Ralf da’ il meglio: il modo in cui “sente” la canzone e’ percepibile ovunque. Parla di se stesso e dei problemi che ha avuto nel suo percorso di vita: il consiglio per tanti è di tentare una traduzione del testo. In molti si potranno facilmente immedesimare.

Northern Link:
No comment. Nel senso che, forse, è la classica canzone messa per riempire. Ma più probabilmente non è nemmeno corretto chiamarla canzone, giacché si tratta di qualche minuto parlato in svedese. Un mero filler a conclusione di un lotto di tracce particolarmente efficaci. Concediamoglielo.

Sarebbe davvero interessante poi, soffermarsi, oltre che sul commento delle singole canzoni, anche sull’analisi dei testi, davvero molto profondi e personali. Un aspetto in effetti molto raro.
Sono quei tipici testi in cui, chi ascolta, ha la possibilità di potersi immedesimare e trarre ispirazione per superare i “problemi della vita”. Sono quel tipo di lyrics in cui pensi: “è esattamente quello che volevo dire io ma non trovavo le parole”. Accade raramente.
Il disco narra di frustrazione, rabbia, malinconia: insomma argomenti quotidiani. Cose di cui purtroppo negli album si tratta sempre meno, tutto a puro vantaggio di musica “tecnica”, quindi fredda: prodotti che dopo un mese scivolano via dalla mente.

Ultimo appunto, il suono. Una parola: perfetto.
Mixato benissimo e ad alta definizione, soddisfa ad esempio per la resa della batteria (soprattutto la cassa e timpano) a dir poco devastante. Una produzione per farla breve, calda e con ottima dinamica.
Molto “stoner” invece la chitarra, accordata in drop D, ma con un tantino di acuti in più per renderla graffiante. Lo si sente tanto negli accordi aperti.
Ralf, infine, come al solito non delude al microfono. Calmo e rilassato nei passaggi lenti, quanto rabbioso e capace di urli acuti nei passaggi più dark.

Chi ha avuto occasione di vederli live come il sottoscritto (aprile in quel di Stoccolma), potrà inoltre confermare l’assoluta fedeltà che il gruppo offre dal vivo, rispetto alle incisioni. Un ulteriore aspetto che certifica il valore di una band molto sottovalutata come i Mustasch.

Insomma, i soldi impegnati per l’acquisto di questo cd, saranno assolutamente ben spesi.  
Il consiglio per l’ascolto è dei più classici: occhi chiusi e volume al massimo. Magari dopo aver dato uno sguardo ai testi per capirne un po’ di più. Ne siamo certi, in pochi rimarranno delusi…

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Tracklist:

01. Speed Metal
02. The Challenger
03. It’s Never Too Late
04. Cold Heart Mother Son
05. Morning Star
06. Dead Again
07. Your Father Must Be Proud Of You
08. Destroyed by Destruction
09. I Don’t Hate You
10. Northern Star

Line Up:

Ralf Gyllenhammar – voce, chitarra
David Johannesson – chitarra
Mats Johansson – basso
Danne McKenzie – batteria

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