Recensione: Spectre Abysm

Di Gianluca Fontanesi - 23 Agosto 2017 - 15:34
Spectre Abysm
Band: Limbonic Art
Etichetta:
Genere: Black 
Anno: 2017
Nazione:
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76

I Limbonic Art dovrebbero, ad ogni amante della Norvegia che conta, risvegliare gran bei ricordi ed evocare una delle proposte black metal più valide che sia mai stata partorita dalla terra dei fiordi. La maggior parte degli anni ’90 in campo black, in quelle lande, era oro colato e i Limbonic Art non facevano di certo eccezione. Dischi come Moon In The Scorpio o In Abhorrence Dementia sono tutt’ora pietre miliari dalle quali è difficile prescindere in senso assoluto. Ad oggi il duo norvegese, in seguito alla dipartita di Morfeus nel 2009, è a tutti gli effetti una one man band nelle mani del buon Daemon, che in questo frangente non si è di certo risparmiato. Sono passati ben sette anni dall’ultima fatica in studio, il non eccellentissimo Phantasmagoria, e il neonato Spectre Abysm arriva come un fulmine a ciel sereno radendo al suolo tutto ciò che trova.

Si sente aria buona fin dalla opener Demonic Resurrection, che è una vera e propria badilata nei denti e assale da tutte le parti con un blast beat feroce, incessante ed ermetico. Sembra di tornare alle atmosfere spaziali dei cari vecchi anni che furono e il tutto è una vera e propria ondata di godimento. Il trademark della band, QUEL trademark è vivo e vegeto e pulsa di un’inaspettata nuova linfa vitale. Il brano è una scheggia impazzita e inarrestabile e lo scream di Daemon è devastante; quando poi si arriva all’ottavo minuto, ecco l’apoteosi, il guizzo e quella sterzata che solo i Limbonic Art sono in grado di dare! Finale quindi di livello superiore e brano da mettere in archivio quasi come un manifesto. Ethereal Traveller la conoscevamo già perché fu il brano pubblicato in anteprima e anche qui non si riesce a non lodare il lavoro messo in piedi dal buon Daemon: l’inizio cinematografico è davvero molto bello e crea il giusto senso di attesa per ciò che sta per arrivare, cioè un altro bell’assalto che non lascia scampo né respiro. I riff si susseguono senza sosta e l’atmosfera creata è notevole; si rallenta verso la fine per poi concludere con una gran bella accelerata. Omega Doom conclude quello che potremmo definire come un trittico da favola rivelandosi un altro pezzo di livello molto alto e le cavalcate in doppia cassa poste nella strofa prontamente arrivano a rafforzarne il concetto. Ottimi i ponti, il ritornello sbraita “Omega Doom” fino allo sfinimento e non vi è onestamente nulla da eccepire.

La seconda parte dell’album cala leggermente di intensità e in un certo senso ce l’aspettavamo anche; tralasciando Requiem Sempiternam, che è un breve intermezzo, Triumph Of Sacrilege risulta un buon brano ma non ottimo come i precedenti, complici anche alcune sporadiche clean vocals che si sarebbero potute evitare. Nonostante tutto l’aggressività c’è e il brano risulta comunque piacevole. Disciplina Arcani è un quasi ritorno al passato ma che, a nostro avviso, avrebbe potuto essere sviluppato in maniera migliore: è un brano destrutturato che avrebbe potuto godere di miglior fortuna sfruttando meglio le parti ambient e le orchestrazioni, così com’è suona quasi incompiuto ed è un vero peccato! Chiude il cerchio l’ottima Through The Vast Profundity Obscure, il cui incipit suona più come un omaggio al caro e vecchio Deathcrush piuttosto che un’intro vera e propria. Qui tutto torna a funzionare piuttosto bene, complici un’ottima struttura del brano e melodie piuttosto riuscite che sporadicamente fanno capolino rivelandosi un buon valore aggiunto. Nessun momento di stanca nei quasi nove minuti del tutto e a questo punto il premere ancora una volta il tasto play risulta un’azione quasi obbligata.

Più luci che ombre quindi in questo Spectre Abysm che, a tratti, si rivela anche eccellente superando ogni più rosea aspettativa. Nessuno ci avrebbe scommesso un cent in questo ritorno ed ecco invece un mezzo miracolo; Daemon ha fatto un gran lavoro sotto tutti i punti di vista e ci ha dimostrato che il black metal lo si può ancora fare senza per forza diventare un’azienda, una farsa, una pagliacciata o una parodia. I Limbonic Art ad oggi sono vivi e vegeti, godono di un’ottima forma e ci consegnano un disco che non mancherà di far felicissimi i fan di vecchia data e, perché no, di conquistare qualche nuovo adepto. E’ un disco con un produzione arcigna e superba, quasi altezzosa nel suo essere perfetta ma soffocante come un rettile; oltre a qualche calo a livello di songwriting nella seconda parte dell’opera, concludiamo dicendo che ciò che qui è veramente venuto a mancare sono le tastiere. Questo è un disco black che più black non si può, la parte sinfonica dei Limbonic Art è stata messa in secondo piano in favore della cattiveria e della potenza; ci va anche bene così, ma con qualche fuga in più alla Moon In The Scorpio ci saremmo sciolti direttamente come neve al sole! Bentornato Daemon, e grazie per questa piccola grande perla.

 

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