Recensione: Stainless

Di Alessandro Calvi - 12 Giugno 2005 - 0:00
Stainless
Band: Mesmerize
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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80

Giungono finalmente al traguardo del terzo album gli italianissimi Mesmerize dopo l’esordio con “Tales of Wonder”, il secondo “Off the Beaten Path” e l’ep “Vultures Paradise”. Tre anni son passati dalla loro ultima pubblicazione, nel frattempo Folco ha superato alcuni suoi problemi alla voce ed è tornato più in forma che mai, inoltre troviamo un nuovo inserimento nel gruppo, cioè il chitarrista Luca Belbruno.

Fare il solito discorsino sul terzo album che molti considerano la “prova del nove” per i gruppi, sinceramente in questo caso non mi pare proprio il caso. Primo, perchè i Mesmerize ritengo siano uno dei migliori gruppi sfornati dal nostro paese e, secondo, perchè non è certo una band nata ieri, con i suoi oltre 15 anni di attività, al contrario è una delle realtà più longeve della nostra penisola.

Passiamo quindi direttamente oltre e cominciamo a parlare di questo “Stainless” che come sempre quando si tratta dei Mesmerize, è un disco che riserva molte sorprese e una estrema varietà nelle canzoni.
Ad aprire troviamo “The Burn”, uno dei quattro brani che ho avuto l’onore di ascoltare in anteprima durante l’incontro con i giornalisti organizzato dalla band nei propri studi. Effettivamente la possibilità, per la prima volta per il gruppo, di lavorare in un proprio studio personale, senza i soliti limiti di tempo imposti dal budget, ritengo sia stato uno dei maggiori contributi alla ottima qualità di questo disco. La canzone è comunque un brano potente e coinvolgente, veloce e aggressiva, nel classico stile dei Mesmerize, l’ideale per cominciare bene ma senza spiazzare troppo l’ascoltatore.
Già il secondo brano “Bitter Crop” presenta più di un elemento di rottura rispetto alla normale produzione della band. Sempre che si possa definire “normale” una produzione che è sempre stata in grado di passare attraverso le più diverse ispirazioni. In questo caso si tratta di una canzone che il gruppo stesso ha quasi definito “nu-metal”, in realtà non si tratta di nulla in stile SOAD o simili. Più che altro l’uso della voce di Folco, mai così roca e aggressiva, e l’uso in alcuni punti del brano di un sintetizzatore e di effetti elettronici, il tutto unito a un suono delle chitarre più aggressivo del normale, quasi thrash, rendono questa una delle tracce più particolari della scaletta.
“Princess of the Wolves” è indiscutibilmente uno dei miei brani preferiti di questo disco, vuoi per il fatto che è la prima traccia in cui compare il violino, vuoi per l’incedere in pieno stile “speed-metal” e il coinvolgimento che trasmette. Vuoi forse anche e soprattutto perchè questa canzone è ispirata a quel capolavoro dell’animazione che è “Princess Mononoke” di Hayao Miyazaki, uno dei miei film preferiti, di fatto è una canzone che mi è rimasta dentro dal primo istante che l’ho ascoltata.
Al quarto posto troviamo la definitiva conclusione della saga della spada, dopo “Forging the Darksword” e “Doom of the Darksword”, la terza e ultima “Triumph of the Darksword”, un brano epico e maestoso a cui i Mesmerize raramente ci hanno abituato. Un brano mediamente più lento del solito, più granitico nella composizione e con il frequente uso di cori.
Come si diceva prima, questa volta la band si è avvalsa anche del violino solista, l’apporto di Vito Gatto è stato prezioso su diverse tracce, ma di certo la song in cui ha potuto dare il meglio di se stesso è questa: “Windchaser”. Una canzone che sembra essere stata partorita direttamente dagli Skyclad dei tempi migliori, in cui un violino indiavolato crea pazzesche ritmiche folk intrecciandosi con le chitarre. Inutile dire che anche questa canzone è entrata istantaneamente di diritto nell’olimpo delle mie canzoni preferite.
L’ottava “Fields of Heroes” sinceramente è stata l’unica song che un po’ mi ha fatto storcere il naso, più che altro per l’uso in alcuni passaggi della voce filtrata.
Impossibile poi non citare per finire “Hot Lead, Cold Steel” in cui a fianco di Folco troviamo anche Vanni il cantante dei Wotan e soprattutto la lunga suite finale intitolata “Impossible Infinity” in cui i Mesmerize danno veramente il meglio di loro stessi. Una canzone di oltre dieci minuti che però, come promesso da Tito, effettivamente scivola via in maniera estremamente piacevole e leggera senza far pesare la sua lunga durata sull’ascoltatore. Di certo a rendere questo possibile contribuiscono la voce di Folco, mai così calda come in questo caso, e quella dolcissima di Paola Bianchi dei Ludmila che si alternano in brani solisti per poi spesso ritrovarsi in pregevoli duetti. Attorno, frequenti cambi di tempo, chitarre acustiche e riff granitici, passaggi di pianoforte e un violino sempre protagonista, rendono questa canzone una delle hit assolute di questo disco che viaggia sempre su straordinari livelli.

Per concludere posso dire che mentre il precedente “Off the Beaten Path” mi era parso un po’ sottotono, trovo che invece questo “Stainless” abbia fatto un centro perfetto: un disco melodico, coinvolgente, estremamente vario e indiscutibilmente valido. I Mesmerize si rinconfermano come una delle band più valide, serie e importanti del panorama italiano.

Tracklist:
01 The Burn
02 Bitter Crop
03 Princess of the Wolves
04 Triumph of the Darksword
05 Windchaser
06 Fields of the Heroes
07 Hot Lead Cold Steel
08 Lure of the Temptress
09 Bloody Mary
10 Impossibile Infinity

Alex “Engash-Krul” Calvi

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