Recensione: Starving Death
Anche se il Mondo della musica va inesorabilmente avanti proponendo, nel death metal, continue forme di sperimentazione e di contaminazione c’è chi, come i canadesi Kaotik, mantiene fermo il proprio l’amore incondizionato per la forma classica del genere anzidetto, cioè l’old school death metal, non lasciandosi distrarre né dalle mode, né dalle evoluzioni stilistiche.
Ovviamente questa filosofia artistica riguarda solo e soltanto il modo di suonare, poiché il resto è perfettamente allineato a quanto di meglio proponga, attualmente, il professionismo in materia di metal estremo. Formatisi a Quebec City nel 2007, i Nostri non ci mettono poi molto ad arrivare a un contratto discografico importante. Giusto il tempo di battere moneta con un EP nel 2009 (“New Born Khaos”) che la Massacre Records provvede, quest’anno, a dare alle stampe “Starving Death”.
Debut-album che vede a suo interno la collaborazione di gente importante come Dan Swanö al missaggio e alla masterizzazione (e, anche, come cantante in una canzone), Luc Lemay dei Gorguts al microfono in due brani e, non ultimo, Frank “Blastbeat” Fortin alla registrazione. Con grande beneficio del suono che, come si poteva pure immaginare, si mostra adulto e maturo; perfettamente calibrato, come colore, al particolare stile praticato da Pierre-Luc Simard e compagni.
Un suono che fa apparire “Starving Death” come ennesima opera di un gruppo dotato di grande esperienza e non, come invece è, un disco di debutto. La relativa morbidezza dei toni, piuttosto caldi, ben si accompagna – difatti – al death metal vecchia scuola del combo nordamericano; lontano da eccessi ed esagerazioni ma anzi assai equilibrato sia come aggressività, sia come rapidità di esecuzione. Il rimando ai Dismember o agli Entombed, ben appunto, consente di inquadrare i Kaotik entro dei limiti assai conosciuti, nei quali alberga vivo e vegeto – per esempio – il thrash degli Slayer, frammisto a numerose scaglie di death à la… Death.
Simard, il cantante, alimenta la sensazione vintage proponendo un’interpretazione vocale basata su un roco growling che sembra l’unione fra quello di David Vincent (Morbid Angel) e quello di “Peter” Wiwczarek (Vader). Buona l’intesa fra i chitarristi Fred Tremblay e Samuel Parè, precisi e puliti sia durante l’elaborazione del roccioso rifferama, sia in occasione dei laceranti soli. Il suono rombante e pulsante del basso di Alexis Goulet Bouchard, inoltre, fa compagnia al drumming, semplice ma efficace, di Jeff Tremblay, bravo a dare all’incedere quella sensazione di ‘trascinamento’ tipica della ritmica dei Dismember, appunto, o dei Dissection.
Se il versante della resa sonora di “Starving Death” appare luccicante nella sua bontà costruttiva, non si può affermare lo stesso per ciò che concerne l’aspetto meramente musicale. L’essersi così profondamente fossilizzati nella ricerca di una fedeltà assoluta agli stilemi del death metal ortodosso, se da una parte ha prodotto un sound scolasticamente irreprensibile, dall’altra ha condotto a un lavoro assolutamente privo di spunti originali. Passando al setaccio il platter da “War At The Door” a “Inbreeding”, e anche molte volte, non si riesce a trovare nemmeno una nota, un accordo, un accento che non sia già stato proposto da qualche altro ensemble specializzato nella tipologia compositiva di cui trattasi. Magari ci si può divertire ad allenare le vertebre cervicali con la trascinante title-track, ma si tratta di un esercizio che comunque dura poco, se non supportato da un’adeguata dose di freschezza e inventività che, in, “Starving Death”, paiono essere state lasciate fuori dalla porta. Nel complesso c’è una buona continuità, una più che sufficiente omogeneità strutturale, fra le song ma, invece di essere un pregio, tale circostanza si dimostra un difetto poiché – alla fine – pare quasi di ascoltare lo stesso brano proposto con qualche leggera modifica di volta in volta. Con che è inevitabile scivolare nell’abisso della noia per rimanerci in eterno, invischiati in una ragnatela di tonalità sempre uguali a se stesse.
“Starving Death”, alla fine, si salva in extremis per l’alta qualità di realizzazione e per il rigore del modus operandi dei Kaotik che, perlomeno, regalano un altro tassello da collezionare agli appassionati (anzi, fanatici) dell’old school death metal. Ma solo a essi e a nessun altro.
Daniele “dani66” D’Adamo
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Tracce:
1. War At The Door 6:33
2. Carnivorous Madness 5:20
3. Creature 4:03
4. Lobotomy 5:40
5. The Screeching Sound 3:59
6. Bad Awakening 4:41
7. Pesticide Shower 5:10
8. Starving Death 5:35
9. Terror 3:31
10. Inbreeding 6:39
Durata 51 min.
Formazione:
Pierre-Luc Simard – Voce
Fred Tremblay – Chitarra/Voce
Samuel Parè – Chitarra
Alexis Goulet Bouchard – Basso
Jeff Tremblay – Batteria
Musicisti addizionali:
Dan Swanö (Edge Of Sanity) – Voce in “Lobotomy”
Ospiti:
Luc Lemay (Gorguts) – Voce in “War At The Door” e “Bad Awakening”