Recensione: State of Emergency
Dodici album in trentasei anni (più una mezza tonnellata tra singoli, EP e registrazioni live) per Tommy Victor ed i sui Prong, dei quali l’ultimo è ‘State of Emergency’, disponibile dal 6 ottobre 2023 via Steamhammer Records.
Un bel record direi … anche considerando i continui cambi di lineup ed i cinque anni di pausa intercorsi tra il 1997 ed il 2002.
La band, partita nel 1986 da New York, fonda le sue radici nel Thrash e nell’Hardcore di quel fervente periodo che vede principalmente in vetta i Metallica con ‘Master of Puppets’ e gli Slayer con ‘Reign in Blood’ ma che produce anche lavori importanti come ‘Cause for Alarm’ degli Agnostic Front e ‘The Age of Quarrel’ dei Cro-Mags.
Da lì segue lo svilupparsi della scena più moderna: industrial, Post Thrash ed Alternative sono tutti elementi che si trovano nel suo Crossover, incentrato essenzialmente sul suono abrasivo ed unico della chitarra di Tommy.
‘State of Emergency’ è un po’ un sunto della loro carriera: dieci brani inediti più una cover dei mitici Rush carichi di riff aggressivi e melodie taglienti, dove le convenzioni vengono tutte mescolate con lo scopo di uscire dalle stesse.
Diciamo che la capacità di rendere fluida l’alternanza di generi diversi tra loro c’è, il disco gira senza pericolosi incastri e con più di un momento particolarmente esaltante, anche se c’è qualche pezzo un po’ troppo ridondante e meno duttile, che non deprezza ma fa, relativamente, perdere la nozione del tempo.
‘The Descent’ è un Thrash di “seconda generazione” (sulla linea dei Metallica del secondo periodo, diciamo) molto vivo e con un breakdown che toglie il fiato, ‘State of Emergency’ è un Groove pesantissimo che incede prepotentemente e senza sosta mentre ‘Breaking Point’ è caratterizzata da un riff disturbante che s’infila malignamente nelle pieghe del cervello per lasciare entrare un ritmo sincopato di forte impatto.
‘Non-Existence’ impone un momento di pausa: un po’ punk, un po’ rock è il singolone ruffiano per tutti, il pezzo che dimostra quanto i Prong sappiano passare da momenti schiaccianti e riflessivi ad altri aperti e spensierati.
Da lì in avanti il lavoro non perde il suo eclettismo, con una ‘Light Turns Black’ che mischia la forza Heavy Metal con la rabbia e la follia Hardcore, con una ‘Who Told Me’ che si riallaccia ai tempi cadenzati dei Metallica mischiandoli con furenti accelerazioni e ‘Obeisance’, psichedelica ed insana, a tratti massacrante, a tratti epica.
Tre pezzi energici e ben distinti ma con un punto in comune tra loro: l’eccessiva ridondanza di cui si diceva poco sopra, ulteriormente evidenziata dal fatto che sono posti uno dietro l’altro.
‘Disconnected’ è un secondo momento di pausa: qua e là mi ha ricordato il punk rock, per quel poco che conosco, dei Green day, escluse le linee pop però.
Il brano fa tirare un po’ il fiato prima di una drammatica e durissima ‘Compliant’, dove andature classiche e tecniche Alternative diventano un tutt’uno e di una rovente ‘Back (NYC)’, veloce e smodata.
Chiude la cover sopracitata di ‘Working Man’ dei Rush, dal loro primo album del 1973, che i Prong “sabbathizzano” e attualizzano rispettandola al contempo. Un brano massiccio e dirompente che fa da grande chiusura.
In definitiva, ‘State of Emergency’, nonostante le sbavature descritte, mette in risalto tutta l’esperienza e la vasta cultura musicale dei Prong e fa venire voglia di andare a riscoprire il passato di questa band, che, alla fin fine, non è riuscita ad avere il successo che merita, nonostante la sua qualità.
Come valore di aggiunto ‘State of Emergency’ vede la partecipazione di Marc Rizzo (Ill Niño, Soulfly, Cavalera Conspiracy), che suona l’assolo di ‘The Descent’ e di Steve Zing (Danzing, Samhain) che partecipa ai cori di ‘Back (NYC)’.