Recensione: Steel The Light
Prima, molto prima di quel fenomeno adolescenziale chiamato grunge, Seattle era una fornace di band che hanno fatto la storia del rock. Queensryche, Fifth Angel, Heart, TKO sono alcuni dei gruppi nati in quella città alla fine degli anni 70, inizio anni 80 sebbene ben pochi vantarono la classe de gruppo in questione. Il progetto Q5 nasce da un’idea di Jonathan K (all’anagrafe Scott Palmerton) e Floyd Rose (storicamente conosciuto come l’inventore del tremolo system, una delle più geniale invenzioni della storia del rock). A loro si uniscono Evan Sheeley (bass), Rick Pierce (chitarra) e Gary Thompson (drums) già militanti nella line-up di TKO.
“Steel the light” esce negli Stati Uniti nel 1984 ed in Europa è distribuito dalla (defunta) Music for Nations che ne cambia la terribile cover, decisa dall’ americana Albatross, optando per uno space-style di tutt’altro effetto. Kerrang! attribuisce KKKKK ed il resto dei magazines decretano “Steel the light” disco dell’ anno.
Il CD è una miscela perfetta di Heavy Metal i cui ingredienti sono grandi riff, voce al vetriolo e stupefacenti ritmi.
Si parte subito in quarta con la splendida “Missing in Action”: il suo incedere mette in moto ogni muscolo del corpo ed è pressocchè impossibile rimanere fermi. A ruota segue la melodica “Lonely lady” con echi Leppard che, dall’altra parte dell’ oceano, avevano appena cominciato la loro avventura. La seguente title track “Steel The Light” è un mid-tempo che sembra provenire direttamente da spazi lontani e nel quale si fa largo la splendida voce di Jonathan K intenta ad intonare spettacolari testi (“Fallen Angels & fallen dreams pay the price of history. The Gods declared that man live by night & never shall he see the light”“).
Si sta viaggiando ancora negli spazi siderali quando arriva come un pugno nello stomaco “Pull the trigger”, irruento componimento nel quale Janathan K (quest’uomo sarà stato sicuramente un incredibile estimatore del miglior Brian Johnson!) è supportato da una sezione ritmica puntuale e precisa accompagnata da un Floyd Rose che “strapazza” la sua chitarra qui come non mai.
“Ain’t No Way To Treat A Lady” segue gli stessi canoni della precedente: grande voce e grande ritmo (questo brano diventò una cover dei Great White i quali “dimenticarono” di inserire Jonathan K e Floyd Rose come autori della song).
Come d’incanto “In The Night” ci fa tornare negli spazi più profondi grazie ai suoi agghiaccianti ritmi ed alle splendide ed aggressive vocals. Sicuramente un altro mid tempo da brividi. “Come & Gone” è una tipica power-ballad anni 80 che, magari, finita nelle mani di altri gruppi (Bon Jovi?) sarebbe diventata certamente un Hit-single. La penultima “Rock On” è un anthem rock, roccioso e cadenzato, che mette in mostra tutta la classe di questo gruppo.
L’album si chiude la travolgente (ed un pò ruffiana) “Teenage Runaway” che, puntualmente, riaccende la voglia di riposizionarci alla prima traccia e premere nuovamente play.
Credo che gli amanti dell’ hard’n’heavy old style non dovrebbero farsi mancare questo lavoro, ripubblicato con ben 7 extra (l’intero demo dell’inizio carriera) dalla tedesca High Vaultage.
P.S.:L’avventura Q5 si è conclusa dopo il secondo eccelso lavoro (di raffinato AOR) intitolato “When the mirror cracks”. Jonathan K, Rick Piece, Evan Sheeley continuano a suonare con NIGHTSHADE ed attualmente sono impegnati nell’incisione del terzo CD della band.