Recensione: Stranded

Di Daniele D'Adamo - 9 Maggio 2011 - 0:00
Stranded
Band: Of Legends
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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60

Apparentemente spuntati dal nulla l’anno scorso, gli Of Legends nascono in realtà dalla costola metalcore dei The Secret Handshake, progetto d’elettronica/soul music nato dal cuore di Luis Dubuc (Thirty Called Arson), eclettico e talentuoso polistrumentista. Oltre a Debuc, gli Of Legends orbitano attorno agli altri due membri stabili della formazione, Travis Orbin alla batteria (Periphery) e Zack Ordway alla chitarra (Sky Eats Airplane); relegando pertanto Jacob Belcher (chitarra, Drop Dead Gorgeous) ed Elliot Coleman (basso, Sky Eats Airplane) al ruolo di semplici turnisti a uso concerto.

“Stranded” è il primo full-length degli Of Legends, registrato con l’ausilio di Taylor Larsen presso gli Oceanic Recording, ed è frutto dell’interessamento di personaggi quali Ben Weinman (chitarrista e fondatore dei The Dillinger Escape Plan) e Tim Smith (manager di Atreyu, Norma Jeaan, Horse The Band); i quali hanno immediatamente intuito il potenziale dei Nostri decidendo di diventarne co-manager.

Anche se l’ensemble statunitense non dichiara nulla di specifico in merito al proprio stile, da più parti lo stesso è stato avvicinato al nuovo sottogenere, o meglio, movimento death: il djent. Il quale, in parole povere, non è altro che l’evoluzione della primigenia catalogazione tipologica dei Meshuggah. In “Stranded”, difatti, sono presenti ‘quasi’ tutti gli stilemi fissati per il djent. Sia per quanto riguarda il suono, sia per quanto concerne lo stile: chitarre e basso con accordature sottotono, uso della tecnica del palm muting per le sei corde, harsh vocals, pattern di batteria caratterizzati da complesse poliritmiche, riffing sincopato e breakdown influenzati dal metalcore. Inoltre: incorporazione d’intarsi ambient, passaggi melodici non troppo marcati e uso di clean vocals. Poco più su, ho utilizzato l’avverbio ‘quasi’ per definire con precisione il sound del terzetto di Dallas/Baltimora; infatti, all’uopo, è sufficiente prendere per buono quanto abbondantemente sviscerato in termini di suono/stile – riferito al djent – , escludendo sia la melodia, sia le clean vocals.

Il doveroso richiamo al nuovo sottogenere death – operato in termini sostanzialmente generali – non ci esime, ora, di analizzare finalmente nel particolare i contenuti tecnico/artistici di “Stranded”. Dal punto di vista tecnico, più o meno, s’è già scritto: Dubuc e compagni sono musicisti in grado di affrontare tutte le difficoltà che la loro professione mette giornalmente essi davanti. Si tratta di artisti dotati di esperienza, preparazione tecnica, serietà e professionalità. Nulla da eccepire sul lavoro alla chitarra di Ordway, vario e non di rado in grado di offrire qualche scala un po’ meno scontata del solito; mentre Orbin dimostra d’aver abbondantemente digerito teoria e pratica applicata alla batteria. Il contenuto tecnico, a questo punto, non offre altri spunti di osservazione, rilevato che si tratta di un contenuto in linea con i massimi livelli internazionali. Oltre che per la tecnica, anche per quanto riguarda la modernità dell’approccio ai singoli strumenti e il loro utilizzo nella misura meno canonica possibile.
Il songwriting delle canzoni, e quindi anche l’arte, dimostra ancora una volta che il binomio ‘tecnica sopraffina/noia’ è un tabù assai arduo da violare. A parte la tediosa, monocorde interpretazione di Dubuc, sostanzialmente identica per ciascuno dei pezzi del CD, il soggetto meramente musicale porta a un analogo senso di stanchezza in virtù di una non-lineare struttura compositiva che, spesso, stride con la semplicità intrinseca del rock. Potremmo ascoltare il lavoro anche dozzine di volte che, dubito, rimarrà qualcosa di compiuto, nelle nostre memorie.
 
Gli Of Legends hanno mostrato, con “Stranded”, un discreto coraggio (che va premiato) nel tentare di percorrere nuove strade (il djent) entro il Pianeta Death. A parer mio, tuttavia, ‘incartandosi’ nella loro stessa bravura tecnica dimenticandosi, forse, che alla fine dei conti hanno un ruolo assai importate anche e soprattutto le singole composizioni.

Solo per appassionati.
 
Daniele “dani66” D’Adamo

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Track-list:
1. Nothing Matters 3:12
2. Death Eyes 2:57
3. Off Guard 1:47
4. Save The Humans 2:01
5. We Wish Death 3:04
6. False God 2:07
7. Carpe Noctum 2:22
8. Cannibal King 3:03
9. Consecro 2:24
10. The Last Leader 2:45         

All tracks 25 min. ca.

Line-up:
Luis Dubuc – Vocals
Travis Orbin – Drums
Zack Ordway – Guitar
Touring members:
Jacob Belcher – Guitar
Elliot Coleman – Bass
 

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