Recensione: Sum of Force

Di Andrea Bacigalupo - 3 Settembre 2018 - 8:30
Sum of Force
Band: Tantara
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2018
Nazione:
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68

I Tantara sono nati in Norvegia nel 2009 da un’idea del batterista Stia e del chitarrista cantante Fredrick, mentre Per Semb, altro chitarrista, e Stian Bjarke, bassista sono stati reclutati per completare il combo. Dopo un Demo esplorativo del 2010 i Tantara pubblicano, alla fine dello stesso anno, l’EP, ‘Human Mutation’, al quale segue, due anni dopo, ‘Based of Evil’, l’album d’esordio.

Qualche cambio di formazione, che vede l’entrata in scena del nuovo bassista Emil Sigstad Moen al posto di Bjarke, un po’ di concerti in giro, tra i quali il norvegese ‘Thrash Till Death’ e poi via … l’incisione del secondo album, dal titolo ‘Sum of Forces’, distribuito dalla label Indie Recording dal 7 settembre 2018.

Il loro è un Thrash Metal che pesca principalmente dagli schemi classici dei Judas Priest dell’epoca di ‘Painkiller’ e degli Accept di ‘Restless and Wild’, estremizzando il sound ed inferocendolo fino a portarlo allo stato di Thrash.

Si sente poi, come è naturale che sia per tutti i giovani gruppi, l’ influenza Old School.

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Molta melodia, dunque, e tanta tecnica, confermando, per l’ennesima volta,  quanto la penisola scandinava prenda seriamente l’arte della musica.

La voce in clean sottolinea la rabbia sparando molto in alto, anche se a volte forse troppo, uscendo dai solchi del pezzo.

La chitarra solista crea molteplici intrecci tra velocità e melodia, con cambi di tonalità emozionanti e con buoni apporti di Twin Guitar usati come bridge.

La ritmica fa il suo sporco lavoro, determinando le linee del genere senza inserire sperimentazioni o tentativi di novità, suonando alla ‘vecchia maniera’ e facendo sentire la sua forza nelle sezioni prettamente musicali.

Il risultato è buono, senza alcuna pretesa di originalità, facendo percepire la voglia di essere se stessi. Energia, aggressività, cattiveria ma soprattutto passione escono da ‘Sum of Forces’, facendo perdonare qualche piccola pecca sparsa qua e là a livello di songwriting.

L’album è composto da sei pezzi, per poco più di trentacinque minuti di musica; quel tanto che basta per essere chiamato Full-length e non EP, ma va bene così.

L’inizio è affidato a ‘Punish the Punisher’: roboante, dall’introduzione classica, dinamica e forte che trasporta al pezzo vero e proprio: un Thrash arrabbiato e determinato, con buoni scambi di tempo ed un assolo melodico a tutto Heavy.

Segue ‘Death Always Win’, veloce e pestata e con  un chorus inserito nelle strofe che ne amplifica la violenza. Stemperano un refrain melodico ed un assolo che da melodico prende un’articolazione molto emozionante.

La terza, ‘Aftermath’, è un po’ confusionaria, ed, in certi punti, sembra non abbia né capo né coda. Non può chiamarsi filler per l’eccezionale sezione musicale e l’assolo, che però non bastano ad elevare la traccia alla stessa qualità delle altre.

Il primo pezzo della seconda parte del disco è ‘Sleepwalker’, un tempo medio duro, dalla cadenza arrabbiata e furiosa, che dimostra che i Tantara hanno l’energia nelle vene e che riescono a sfoderarla anche su tempi più lenti e cadenzati.

La Title-Track ‘Sum of Forces’ mischia strofe veloci a refrain più melodici che si abbinano all’assolo.

Chiude ‘White Noise’, una strumentale di oltre dieci minuti che mette in gioco un po’ tutte le capacità dei musicisti, tra le quali anche quella di saper lavorare bene con la chitarra acustica. Unico difetto è l’eccessiva lunghezza: qualche assolo di meno non avrebbe guastato; si arriva ad un certo punto che si aspetta che la canzone finisca e questo non è positivo, trattandosi, soprattutto, dell’ultima.  

Nonostante le poche imperfezioni descritte l’album è valido, con molti aspetti positivi che lo rendono ascoltabile. Soprattutto sarebbe interessante vedere i Tantara sul palco, visto la quantità di energia che riescono ad emanare. Buon momento per il movimento Thrash norvegese ed i Tantara ne sono un’ulteriore testimonianza.

    

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