Recensione: Surreal Overdose

Di Marco Catarzi - 20 Settembre 2020 - 16:57
Surreal Overdose
80

Per i “puristi” il concetto di “underground” ha sempre suscitato grande fascino: i primi passi di band diventate poi famose, alcune irrinunciabili uscite discografiche autoprodotte in tirature limitate, il tape-trading, i live in minuscoli club e scantinati. Negli anni ottanta e novanta quasi tutte le band nascevano nell’underground, alcune ne emergevano velocemente firmando contratti importanti, altre avevano bisogno di più tempo, col rischio di vedere ridimensionati i propri sogni dopo qualche album. Ci sono poi gruppi che sono sempre rimasti nel “do it yourself” e hanno potuto a mala pena incidere un EP (per poi scomparire)… e altri che ancora procedono imperterriti e bene o male da una certa condizione underground non sono mai usciti.

I Deceased (assieme agli Hirax e decine di altri) sono tra le migliori incarnazioni di questa situazione, figlia di tenacia e passione, oltre che di grande resistenza a frustrazioni e avversità. Le cronache li descrivono come il primo gruppo messo sotto contratto dalla Relapse Records, rapporto durato per quasi una decina d’anni, nei quali hanno iniziato a sviluppare quel percorso discografico che, arrivato fino ai giorni nostri, include una moltitudine di album ufficiali, EP, singoli, live, compilation.

Altra caratteristica che stupisce in oltre trent’anni di carriera sono i pochissimi cambi di line-up avvenuti attorno al mastermind King Fowley, affiancato fin dagli esordi dalla chitarra di Mike Smith e dal basso di Les Snyder (Shane Fuegel ha sostituito nel 2006 l’altro storico chitarrista Mark Adams, mentre il batterista Dave Castillo è venuto tragicamente a mancare due anni fa).

Immersi in un immaginario horror che ne ha sempre contraddistinte copertine e liriche, nel 2010 i Deceased arrivano al sesto full-length con Surreal Overdose, in una situazione di semi autoproduzione (sotto il misterioso marchio di Shrieks From The Hearse Records sono usciti soltanto prodotti della band di Fowley). I pezzi in scaletta parlano chiaro, riff thrash, con evidenti radici punk, si inseriscono in un contesto speed che non concede tregua. C’è anche spazio per armonie sinistre e trascinanti, oscuri rallentamenti e continue ripartenze. È proprio la velocità una delle caratteristiche di questo album, che propone pezzi “bastardi”, figli dell’incontro più genuino di thrash, speed e classic metal. C’è un’intensità rende il combo statunitense eterni ragazzini al comando di un’enorme locomotiva che sferraglia veloce su binari dissestati, riuscendo sempre a non deragliare.

Pur non essendo virtuosi dello strumento, in ogni canzone troviamo parti soliste trascinanti e attenzione alle melodie. Tanta foga non perde mai la direzione prefissata, e fornisce molteplici occasioni per un headbanging sfrenato. Non si fatica a immaginare cosa può scatenare sotto palco la band della Virginia, grazie a ritmiche martellanti e refrain coinvolgenti. Le strutture death metal dei primi album hanno ormai lasciato spazio a influenze più classicamente metal, d’altronde le foto promozionali non lasciano dubbi, il look è quello di fan che suonano per altri fan, come dimostrano le compilation Zombie Hymns (2002), con cover di iconiche band heavy metal, e la doppia Rotten to the Core (2004 e 2020) dedicata ad altrettanti gruppi punk e hardcore.

Il crescente fenomeno “retro” metal di questi ultimi anni, che ha tra i principali rappresentanti giovani leve come Midnight e Hellripper, forte di una quasi totale dedizione al sound di Venom e Motörhead, non nasce dal nulla, perché gruppi come i Deceased e i Sabbat giapponesi ne hanno sempre portate avanti le caratteristiche (spesso con una maggiore attenzione per gli arrangiamenti).

La prestazione di Fowley, metallaro ante litteram e anche leader dei più classic oriented October 31, non spicca per estensione vocale, ma riesce sempre a inserirsi nelle dinamiche dei vari pezzi, occupandosi oltretutto delle parti di batteria in maniera più che pregevole.

Alla fine di Surreal Overdose troviamo la lunga Dying in Analog, il pezzo più classic metal del lotto, con tratti epici e influssi NWOBHM che si innestano sulla solita matrice speed. Non ci poteva esser miglior chiusura per un album che, pur non inventando niente, ha il grande pregio di non concedere nemmeno un attimo alla noia, con pezzi dall’andamento prevedibile ma dannatamente efficaci. Un disco che coinvolge e diverte a ogni ascolto, come dovrebbe essere nelle intenzioni primigenie dell’heavy metal, caratteristiche sempre più rare tra le produzioni contemporanee.

Viva i Deceased!

[N.d.R. – Nella riedizione del 2015 di Surreal Overdose, uscita per Lost Apparitions Records, appaiono anche alcuni pezzi tratti da precedenti dischi che meritano di essere riscoperti come The 13 Frightened Souls (EP, 1993), The Blueprint for Madness (1995) e Fearless Undead Machine’s (1997), accanto ai quali si segnalano senza dubbio Supernatural Addiction (2000), As the Weird Travel On (2005), nonché l’ultimo Ghostly White (2018). Buona ricerca!]

Ultimi album di Deceased

Band: Deceased
Genere: Heavy  Speed  Thrash 
Anno: 2011
80