Recensione: Tales From Sadness

Di Matteo Lasagni - 9 Giugno 2005 - 0:00
Tales From Sadness
Band: Raintime
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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75

I debuttanti Raintime sono una creatura metallica davvero particolare. “Tales From Sadness” è infatti un concentrato di stili e generi musicali differenti, una fusione quasi spiazzante di sonorità solitamente distanti, che qui vengono “frullate” per generare un sound personale ed originale. Così ci troviamo nel bel mezzo di un calderone in cui power speed, death metal e progressive si fondono in una “zuppa” che sa quasi di nouvelle cousine. L’ingrediente power è certamente il più abbondante e forse anche il più saporito, ma anche gli altri elementi sono facilmente riconoscibili e ben amalgamati in questo “tutto” speziato e dal gusto raffinato.

Sottolineo con grande piacere che la band in questione è totalmente italiana e che difficilmente ad un primo ascolto potrete rendervene conto, vista la professionalità con cui tutto il disco è stato curato, a partire dalla roboante produzione, limpida e possente in ogni frangente, fino all’ottima pronuncia inglese del singer, che non dà mai quell’impressione di “casereccio” che purtroppo affligge molti cantanti nostrani. E proprio l’ugola di Claudio Coassin è uno dei punti di forza di “Tales From Sadness”, molto elastica nel passare con disinvoltura attraverso un amplissimo range di possibilità, dalle clean vocals più emozionali ed altisonanti, alle tonalità più heavy e graffianti, per arrivare in totale agilità a passaggi growls profondi ed evocativi. Lo stesso Claudio però è anche un eccellente tastierista, anzi quest’ultima veste rappresenta la sua vera natura ed esprime al meglio le sue doti di fine compositore. L’altro fondatore del gruppo, Matteo Di Bon, riesce poi con la sua chitarra nel difficile compito di completare le ambizioni di una formazione che inizialmente era nata come progetto esclusivamente strumentale. Dietro le pelli Enrico Fabris è una vera turbina, sempre pronto ad esplodere in strabordanti accelerazioni in doppia cassa e dannatamente preciso nei frequentissimi cambi di tempo.

Le 8 canzoni presenti sono tutte piuttosto lunghe e complesse, a parte “Creation”, che funge da semplice intermezzo. Questo rende l’album molto variopinto, ma al tempo stesso poco digeribile per chi è abituato a sonorità più easy-listening. Ogni brano presenta keyboards in bella evidenza e una poderosa sezione ritmica che mediamente viaggia su tempi piuttosto sostenuti. L’opener “Moot-Lie” è in questo senso il brano più rappresentativo del disco, la punta di diamante di “Tales From Sadness”. Tastiere assolute protagoniste grazie a melodie particolarmente epiche e coinvolgenti ed un pirotecnico finale da headbanging forsennato. Il resto dell’album non presenta l’immediatezza riscontrata col brano d’apertura, ma regala comunque una qualità media di buon livello, grazie agli onnipresenti duelli strumentali che farciscono e a volte sorreggono prepotentemente le linee vocali dei vari brani. E’ il caso di “The Experiment” e della successiva “Denied Recollection”, che, pur nella loro struttura ricercata, si concedono senza timori a paradisiache fughe solistiche in doppia cassa. Sempre dinamica, ma più ragionata, “Using The Light Forever” rivela il lato più folk della band, mentre se cercate un po’ più di velocità vi consiglio di spostare il vostro lettore su “Faithland”, dall’incedere schiacciasassi e dotata di un refrain piuttosto atipico. Sempre in campo “doppiocassaro”, oltre alla già citata “Moot-Lie”, potrete trovarvi a vostro agio anche fra le dinamitarde vocals della conclusiva “Daily Execution/Paradox Defeat”, altra buona track ricca di epica atmosfera. In questo colorito minestrone trova posto anche una ballad, la zuccherosa “Chains Of Sadness”, introdotta da un gustoso carillon e dotata di un bel refrain, prezioso momento di relax che conferma ancora una volta la classe dei Raintime, capaci di sfornare un lento d’indubbia personalità.

Se volessi trovare qualche riferimento appropriato, citerei su tutti Children Of Bodom e Labyrinth, giusto per darvi un’idea più precisa della proposta, ma è chiaro che siamo di fronte ad un progetto sui generis, che difficilmente può essere etichettato in una qualsiasi categoria prestabilita.

Un debut album di ottimo spessore, che mi ha colpito e sorpreso piacevolmente, pieno zeppo d’idee interessanti, ma che sicuramente richiede alcuni ascolti prima di essere apprezzato pienamente.

Infine una nota di merito anche per l’artwork del cd, elegante ed originale, e per il logo della band, fine e ben costruito.

Tracklist:
01 – Moot-Lie
02 – Faithland
03 – Creation
04 – The Experiment
05 – Denied Recollection
06 – Chains Of Sadness
07 – Using The Light Forevever
08 – Daily Execution / Paradox Defeat

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