Recensione: The 25th Hour

Di Gaetano Loffredo - 25 Giugno 2007 - 0:00
The 25th Hour
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Anno: 2007
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Entrate, non abbiate timore…

Sono passati quaranta lunghissimi anni. La vita all’interno del manicomio novecentesco cui viene fatto riferimento sul capolavoro Stream Of Consciousness non è cambiata. Il protagonista della nostra vicenda, oggi ottantenne, rivive l’ipocondria, riscopre e rimugina sui fantasmi interiori che lo hanno consumato nella misantropica cella, dove una flebile luce artificiale è sufficiente per illuminare le pagine di un diario lungo mezzo secolo.
Prendetelo, consultatelo e sfogliate sino al termine del racconto, manoscritto nella notte del giudizio, l’ultima anch’essa, fino allo scoccare della fatidica venticinquesima ora…

L’orologio scandisce ventiquattro battiti in un giorno, uno ogni ora, ventiquattro ore nelle quali l’uomo viviseziona la sua contrastante intensità emotiva: odio e amore, gioia e dolore, rancore, rimpianto, rimorso e compiacimento. Esiste un modo per spezzare il ciclo e vivere almeno un’ora al di fuori della convenzionalità temporale? Esiste un modo per elevarsi spiritualmente sino raggiungere il nirvana della venticinquesima ora? Continuate a leggere le pagine di quel diario, c’è qualcosa che dovreste sapere…

La coscienza di Olaf Thorsen (intervista) è messa di nuovo a nudo nella seconda parte del concept dedicato al “segreto della vita”, dove il chitarrista italiano, con il fondamentale supporto del vocalist Michele Luppi, prova a guardare “attraverso gli occhi di Dio” alla ricerca di “ciò che realmente siamo (o che non siamo)”.
“Nella luce” scopriremo, bagnate dai vivaci “colori del mondo”, le vere “identità” del personaggio che si cela dietro le sbarre di quella lugubre cella: la sua “vita fugge”, ma il diario lasciato ai posteri riflette chiaramente “i flussi della sua (malata) coscienza”. Bentornati.

THE 25th HOUR
Il discorso estetico del nuovo disco dei Vision Divine dilata, con un’austerità che non scade mai in autocompiacimento, l’atmosfera portante di quel Stream Of Consciousness che tutti noi, bene o male, conosciamo.
Uno di fronte all’altro, Olaf Thorsen e Michele Luppi, hanno prima pianificato la strategia di base per poi lasciarsi trasportare dalle proverbiali improvvisazioni melodiche, curate allo sfinimento, contraddicendo la volontà della scena italiana che ama percorrere le strade più accessibili.

Non è facile quando devi confrontarti con i quotidiani problemi della vita di gruppo, non è facile quando ogni “due per tre” c’è qualcuno che ti abbandona (per i motivi più comprensibili del mondo, certo), non è facile quando hai follemente bisogno di nuovi musicisti che sappiano mettere in pratica i tuoi agognati sforzi psichici.
 
Tutto questo (e molto di più) è The 25th Hour che, va detto e specificato, non è una copia smussata di Stream Of Consciousness, ma il suo illustre successore e la sua pregiata evoluzione stilistico-lirica. Merito di una scrittura sorprendentemente matura, merito di una forma canzone quasi perfetta, merito della voce cristallina e penetrante di un cantante straordinario.
Sono tantissimi i punti di contatto tra i due maggiori esponenti del sound dei Vision Divine, da My Angel Died, introduzione melanconica che sostituisce “l’anziana” Stream Of Unconsciousness, ai collegamenti funzionali tra una canzone e l’altra, dai suoni apocalittici ai ritornelli struggenti, dal finale che più commovente non si può al narrato in italiano che riprende quello de “La Vita Fugge”. E vogliamo parlare degli estratti sparpagliati nell’intricato percorso, trasposti dal vecchio al nuovo “romanzo”?

Power metal, prog metal e tanto, tanto heavy al servizio della melodia; quella della title track per esempio, The 25th Hour, pronta a sbaragliare ogni tipo di critica. Alessio “Tom” Lucatti “vola” con la sua tastiera, Alessandro Bissa incisivo alla batteria, Cristiano Bertocchi valorizza il basso, Federico Puleri la certezza sulla seconda chitarra.

Nessun rimpianto: il passato svanisce, il nuovo avanza, l’energia resta.

Dalla sprizzante opener al pezzo cardine intitolato Out Of A Distant Night (Voices), traboccante di ispirazione, semplice nel suo incedere, esplosivo negli assoli, nei cori e nella linea vocale sempre più coinvolgente, disco dopo disco.
Alpha & Omega l’avete già sentita tutti in quanto disponibile gratuitamente su internet, piacevole presa singolarmente, fondamentale se inserita nel contesto del disco. Spiazzante la traccia numero cinque, Eyes Of A Child: ti aspetti la ballata struggente e ti ritrovi col brano power per antonomasia. E che brano signori.
La fervida vena melodica è confermata da The Daemon You Hide, in perenne bilico tra luccichio e distorsione, pezzo leggermente più lento, forgiato su uno splendido giro di chitarra firmato Olaf Thorsen e plasmato dall’ormai incontenibile Luppi che, raccoglie tutte le magnificenze del suo repertorio vocale e le tramuta in emozioni. Cambi di tempo, ritmica serrata e assoli travolgenti dopo la dolcezza dei primi minuti. La settima traccia è una strumentale che riprende il motivetto dell’introduzione, un minuto e quarantotto secondi che vi separano dall’ultima quartina (di già?) non esente, però, da difetti. The Essence Of Time è davvero l’unica che non ha attirato le mie attenzioni nonostante lo sdolcinato break centrale e il bellissimo riff di chitarra che l’accompagna fino alla terzultima A Perfect Suicide, rovinata a parere di chi scrive, da un missaggio fuori luogo e da un antipatico trigger che fa sembrare la batteria di Alessandro un elicottero in fase di atterraggio. Il tutto a tradire una produzione ottima, la migliore di sempre. Scelta quantomeno discutibile tenendo conto della assoluta validità del pezzo.

Il finale è quanto di più prezioso ci si possa attendere; una ballata AOR del calibro di Heaven Calling ve la sognate di notte (e qui Luppi fa davvero i Miracoli, quelli con la M maiuscola) ma i brividi sono assicurati da Ascension, due minuti e quindici secondi ripresi dalla malinconia di Identities e riordinati col cuore di una band che si conquista di diritto un posto nel firmamento del metallo europeo.

Cos’altro aggiungere? Ascoltate The 25th Hour leggendo i testi a corredo, riuscirete a rendervi conto dell’esperienza audio-visiva (dove per “visivo” si intendono le immagini che la vostra mente sarà in grado di riprodurre mentre ascoltate la Musica) che i Vision Divine hanno messo in atto già da qualche tempo.

Siamo di fronte ad un album che ha già una nomination nella categoria “disco dell’anno”, un lavoro “gentile” ma capace di rivelare sfaccettature complesse, come accade soltanto ai grandi del nostro genere. Artisti veri.

Gaetano Loffredo
 

Tracklist:
01.My Angel Died
02.The 25th Hour
03.Out Of A Distant Night (voices)
04.Alpha & Omega
05.Eyes Of A Child
06.The Daemon You Hide
07.Waiting For The Dawn
08.The Essence Of Time
09.A Perfect Suicide
10.Heaven Calling
11.Ascension

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