Recensione: The Beast
Ho deciso di impostare questa recensione in modo un po’ anomalo: la nuova
fatica dei Vader, infatti, crea diversi spunti di riflessione, nella
semplicità che sembra contraddistinguerla. E per l’analisi di un disco come The
Beast mi sembra necessario spaccare in due nettamente l’ottica, con
diversi punti di vista a fronteggiarsi, come mi sembra venga naturale a molti
fans del genere, per quanto riguarda i polacchi.
Per chi non li conosce: The Beast è un album di
classe. Sì, perchè le undici composizioni che troverete su questo disco
rappresentano quanto di meglio la scena europea, quella più vicina alle
contaminazioni con certo thrash metal, possa offrire ai nostri giorni. Ottime le
performances individuali, con Peter sugli scudi come sempre grazie al suo
timbro vocale intelligibile e riconoscibilissimo, ed il sostituto (permanente?)
di Doc, Darray, che percuote le pelli con buona fantasia ed ovviamente la
tecnica necessaria: ottimo, a questo proposito, l’attacco di I Shall Prevail,
forse un modo di presentare il nuovo drummer ai fans. La canzone tra l’altro è
la più particolare del lotto, con riffs presi pari pari dal thrash germanico
anni ’80 e parti soliste rilevanti di Mauser. Altri vertici li ritrovo in
Dark Transmission, già pubblicata da qualche tempo su singolo, con un
riff portante assolutamente azzeccato: ci metterete un po’ a togliervelo dalla
testa…
Discorso simile anche per la bella Apopheniac: pezzo che con i suoi riff
stoppati ed un andamento cadenzato spinge all’headbanging, come da veri esperti
del settore i Vader sanno bene. Da notare invece gli
“esperimenti” di The Sea Came In At Last e Choices, dove
una parte importante è rivestita da arpeggi acustici: specialmente la prima ha
un’aura epica in parte inedita per la band, cosa che non può non sorprendere;
ottimi entrambi i risultati, un lato dei Vader forse da sfruttare in modo più
deciso, senza per questo “ammorbidire” la proposta (si tratta in tutti
e due i casi di canzoni assolutamente robuste).
Per chi ne è già avvezzo: sapete cosa state per ascoltare. I Vader
sono infatti una band ultra-conservatrice, che ha definito ormai da anni un
sound assolutamente personale, basato soprattutto sulle qualità individuali dei
suoi musicisti: possiamo dire che dallo splendido Black to the Blind
(1997) il longevo quartetto ha modificato di pochissimo le proprie
caratteristiche sonore, con un death metal che come accennato trae più di uno
spunto dal thrash e che si mantiene su coordinate estremamente
“pulite”, lontane dai risultati caotici o frenetici di molti altri
gruppi; un suono quadrato, regolare, compatto, che viene enfatizzato ai massimi
livelli nei concerti, che i polacchi tengono incessantemente in tutta Europa. La
continuità però è una faccia della medaglia: l’altra è costituita dalla
ripetitività, che non è certo considerabile in modo positivo. Se prendete The
Beast come caso isolato non potete non apprezzarlo, ma di fronte ad una
ventennale carriera c’è da chiedersi, come in molti altri casi, se di volta in
volta valga la pena spendere i fatidici euro per l’acquisto di materiale già
sentito e risentito, per quanto di qualità. Se il mio amore per il death
sconfinasse nell’ottusità vi direi “sì, è giusto che continuino sulla
stessa identica linea anche per i prossimi 20 anni” e vi consiglierei
l’acquisto con un votone, ma cerco di mantenermi più obiettivo e sensato, e
lasciare a voi la decisione dopo averne illustrato i vantaggi ed i rischi.
Una conferma, quindi, in tutti i sensi: nel bene e nel male. Fate la vostra
scelta.
Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli
Tracklist:
1. Intro
2.Out Of The Deep
3. Dark Transmission
4. Firebringer
5. The Sea Came In At Last
6. Stranger In The Mirror *
7. I Shall Prevail
8. The Zone
9. Insomnia
10. Apopheniac
11. Choices
* solo nell’edizione giapponese