Recensione: The Black Light Bacchanalia

Di Stefano Ricetti - 2 Novembre 2010 - 0:00
The Black Light Bacchanalia
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Anno: 2010
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73

Attesissimo, dopo quattro anni dal controverso Visions Of Eden e intervallato da qualche calata sul suolo italico in modalità acoustic version da parte del mastermid dei Virgin Steele David DeFeis – performance all’Evolution Festival di Firenze nel 2007 esclusa -, il nuovo The Black Light Bacchanalia esce finalmente sugli scaffali dei negozi, con tre diverse copertine, per differenziarne le edizioni. La recensione che segue riguarda la Limited Edition 2 Cd.

Le premesse che con le quali si presenta The Black Light Bacchanalia non sono di certo fra le migliori: il lavoro, più volte annunciato in passato, misteriosamente solo ora si concretizza. Non da meno, poi, i dubbi sul “nuovo corso” dei Virgin Steele, causati dal lavoro precedente, che in qualche modo è riuscito a spaccare in due schieramenti i fan degli americani e, per finire, le fortissime perplessità riguardo la produzione palesate. Va certamente rimarcato, però, che Visions Of Eden, pur non convincendo al 100%, al proprio interno contenga episodi di grandissimo songwriting del calibro di God Above God, Childslayer e When Dusk Fell. Il fatto, poi, che il suono della batteria ascritto a Frank Gilchriest sia viceversa molto presumibilmente stato campionato, di certo non ha aiutato le quotazioni degli “Steeler“.                 
 
Le incertezze, se mai ce ne fosse stato bisogno, lievitano ulteriormente nel momento in cui David DeFeis dichiara, a sorpresa, che a causa di problemi legati a dei temporali estivi nello studio dove stavano registrando – che hanno distrutto parecchia roba -, il materiale componente i pezzi di The Black Light Bacchanalia è stato giocoforza riscritto ex novo per l’80%, per di più con una certa fretta, di fatto accantonando Pursino e caricando il lavoro chitarristico sulle spalle di Josh Block (il basso viene suonato dallo stesso David, sempre più nei panni del tuttologo). Inevitabile la nascita di più di un dubbio: da che mondo è mondo anche la più infima e scalcagnata realtà musicale underground da cantina ammuffita – con il massimo rispetto – la prima cosa che fa è creare con un carta frequenza dei backup del materiale realizzato. Credere che vecchie triglie dell’HM come i Virgin Steele non l’abbiano mai fatto, pare quantomeno strano, tenendo anche conto del cambio di etichetta, la gloriosa Spv, che presumibilmente qualche certezza in più garantisce, in termini economici e di mezzi.       

Apertura all’insegna della gloriosa tradizione VS con The Hammer Of Zeus (And The Wrecking Ball Of Thor), pezzo epico e d’atmosfera dove David “ci dà dentro” senza mai esagerare, tra un “aaaarggghh” “hiiiiiiiiiiii” “ooooooooohhhhhhh” “uuuuuuhhhhhhhh” e l’altro. Il suono della batteria di Frank pare davvero poco naturale, quantomeno la sensazione è quella (magari dipendente dal tipo di produzione),

Buone le melodie nel pezzo successivo, Pagan Heart, anch’esso contraddistinto dai “versetti” del singer in soprannumero. L’eccessiva durata, però, ne fiacca l’effetto. Gli immancabili, ormai coretti di sottofondo, si impadroniscono anche dei momenti iniziali di The Bread Of Wickedness, canzone che pare avere l’impatto dei bei tempi, ma che poi si rivela viaggiare con il freno a mano tirato. Il sospetto che The Black Light Bacchanalia sia la prosecuzione artistica di Visions Of Eden – con i suoi pregi e difetti, s’intende – si fa sempre più strada.

L’intro di In A Dream Of Fire richiama vagamente Symphony Of Steele, ma è solo un’illusione, infatti David permane su tonalità medio basse per tutto il tempo di durate del pezzo, così come il resto della band. Pathos, certo, ma potenza espressa realmente bassa.  

Finalmente arriva un episodio dove i rallentamenti in casa Virgin Steele hanno senso di essere: Nepenthe (I Live Tomorrow) è un brano malinconico, lento, dove i Nostri risollevano le sorti del disco, consegnando alla storia uno dei Loro highlight. Commovente, come solo DeFeis sa essere: lacrime, di gioia! The Orpheus Taboo segna la prima accelerazione dell’album, ma si smorza dopo poche battute, puntando su un bridge davvero troppo debole per poter far breccia, che si trascina su se stesso. La palma di brano più lungo del disco va a To Crown Them With Halos Parts 1 & 2, con 11 minuti e 16 secondi di durata, per una trama che gode in alcuni passaggi di tastiere dal retrogusto Savatage ben armonizzate con il resto del pezzo. Anche in questo caso, se il bridge portante fosse stato concepito con la giusta cattiveria, saremmo qua a cantare le lodi di un pezzo degno di stare nel gotha del songwriting della Vergine D’Acciaio. L’immensa, indiscutibile e cristallina classe di DeFeis, comunque, riesce a metterci una pezza e arrivare alla fine senza accumulare una penalizzazione pesante.

Il Lion in Winter torna a ruggire – parzialmente – nella title track, pezzo dove la proverbiale epica battagliera dei Virgin Steele si riappropria dello spazio che Le compete colpendo nel segno e riandando ai capolavori del tempo che fu, con l’ascia per l’occasione affidata a Josh Block che finalmente graffia come deve. Chapeau ai newyorkesi dopo l’ascolto di The Torture’s Of The Damned, lento di altissima classe, territorio dove il buon David difficilmente sbaglia. Godimento puro, purtroppo per soli tre minuti. Inspiegabile, se paragonato ad altri brani inutilmente prolissi, ma tant’è. Sublime. Necropolis (He Answers Them With Death), sufficientemente robusta nell’andamento, poggia sia sul refrain azzeccato che sulle parti recitate scorrendo fino al termine senza annoiare, cosa non da poco. Eternal Regret, titolo realmente pericolosissimo, data la situazione, chiude lo standard album, fra suadenti note di tastiera, un DeFeis ancora una volta su toni medi e un songwriting importante, anche se a scapito dell’aggressività che, anche in questo caso, urla vendetta.       

When I’m Silent, la prima bonus track, colpisce nel segno alla maniera dei migliori Virgin Steele melodici, con il lidér maximo e la Sua keyboard a dettare legge fino a che l’ascia di Pursino interrompe l’incantesimo e ne accompagna dolcemente le armonie fino alla fine della composizione. Da rimarcare che il secondo Cd di The Black Light Bacchanalia si apre con molto più di una canzone a mo’ di surplus. D’altronde i Nostri, già in passato, ci hanno abituato a pezzi da 90 a completare alcuni album nelle Loro riedizioni. Su tutte Perfect Mansion, in occasione di Age Of Consent. Silent Sorrow, traccia numero due, si sviluppa su sinuose aperture sinfoniche e vede ancora il singer sugli scudi, seppur rimanendo in territori slow, regalando un bridge da urlo, tanto che costituisce vero peccato il fatto che la band non abbia insistito sullo stesso, relegandolo a un paio di passaggi soltanto. I trenta minuti della storia del gruppo racchiusi in From A Whisper To A Scream (The Biography Of Steele) narrata da David DeFeis, peraltro in un americano chiarissimo e ben scandito con la musica del gruppo in sottofondo, chiudono il secondo dischetto ottico.

Nota a margine: bizzarro, se non addirittura scandaloso, scoprire che la confezione box comprendente 3 Lp e 1 Cd  e parecchie succose primizie cartecee – per quasi cinquanta Euro di esborso – non possieda al proprio interno il pezzo Silent Sorrow e la biografia raccontata. Sarebbe bastato aggiungere il dischetto ottico numero due e sarebbe stata cosa fatta. Morale: per i “completisti”, quindi, obbligatorio anche l’acquisto di The Black Light Bacchanalia limited edition 2 Cd.                        

Alla fine dell’ascolto – reiterato – di The Black Bacchanalia l’impressione è quella di avere a che fare con un gruppo che dei Virgin Steele “storici”, ossia gli autori di capolavori come Noble Savage, i due Marriage e il barbarico, nel vero senso della parola – e non usato a sproposito – Invictus, possiede solo il monicker. David DeFeis non “tira come una volta” e l’interrogativo nasce spontaneo: è perché non ce la fa più oppure il tocco Dark’N’Slow dei “nuovi Steeler è frutto di una scelta precisa? Ai posteri e nelle sensazioni di ognuno l’ardua sentenza, esattamente come stabilire se i Nostri siano meglio o peggio di un tempo, ma questo passa il convento, oggi.  

Stefano “Steven Rich” Ricetti

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Tracklist:
CD 1
BY THE HAMMER OF ZEUS (And The Wrecking Ball Of Thor)
PAGAN HEART
THE BREAD OF WICKEDNESS
IN A DREAM OF FIRE
NEPENTHE
THE ORPHEUS TABOO
TO CROWN THEM WITH HALOS Parts 1 & 2
THE BLACK LIGHT BACCHANALIA (The Age That Is To Come)
THE TORTURE’S OF THE DAMNED
NECROPOLIS (He Answers Them With Death)
ETERNAL REGRET
 
CD2
WHEN I’M SILENT (Bonus Track)
SILENT SORROW (Bonus Track)
FROM A WHISPER TO A SCREAM-(The Biography Of Steele) – spoken by David DeFeis

Line-up:
David “Dionysus” DeFeis-Vocals, Keyboards, Orchestration & Bass
Edward “Van Dorian” Pursino – 6 String Guitar
Frank “The Kraken” Gilchriest – Drums and Pandemonium
Josh “The Sorcerer” Block – 7 String Guitar

 

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