Recensione: The Cancer Empire

Di Fabio Vellata - 16 Gennaio 2009 - 0:00
The Cancer Empire
Band: Zonaria
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
Nazione:
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73

Per descrivere la proposta degli svedesi Zonaria, è davvero impossibile non sfruttare una serie di paragoni con nomi illustri.

Volendo attenersi alla classica “torta” riassuntiva, si potrebbe più o meno, procedere così. Un 30% di Dimmu Borgir, un altro 30% di Hypocrisy, uno spicchio del 20% di Arch Enemy ed una restante fetta, equamente divisa tra Immortal (quelli di ”Damned in Black” e ”Sons Of Northern Darkness” per essere precisi) e Cradle Of Filth.
Confusi?

Non serve. La realtà infatti, ci porta al cospetto di un album che, al di là delle solite scomode ma inevitabili similitudini, ha dalla sua una buona dose di mestiere e parecchi punti a favore.
Una buona produzione anzitutto, merito del navigato ed espertissimo Fredrik Nordström (guarda caso, proprio legato ai Dimmu Borgir, oltre che ad In Flames e At The Gates).
Ma principalmente, un songwriting che, pur non brillando – come di certo si sarà intuito – per originalità, sa comunque partecipare alla composizione di brani cui l’impatto e la forza “scenografica”, non difettano per nulla.
L’impostazione di base è ben chiara. Molti “compromessi” ed alleanze con la melodia accattivante e facile, miscelata con buone dosi di potenza ed ampie parti tastieristiche di stampo cinematografico ed hollywoodiano.
Una strada già ampiamente battuta e territorio prediletto da un numero considerevole di band attive da anni sulla scena, non sempre però, capaci di centrare l’obiettivo primario verso cui, in fin dei conti, un disco deve sempre mirare. La scorrevolezza e l’entertainment.

Già, perché gli Zonaria, ben lungi dall’essere attuali fuoriclasse del settore, viaggiano senza problemi verso il traguardo, confezionando una serie di brani veloci e godibili che, senza apparire miracolosi, riescono a divertire e a farsi ascoltare più volte in piena scioltezza.
Inutile sottolineare la prestanza tecnica, ormai omogeneamente divenuta d’alto livello (da evidenziare ad ogni modo, il drumming di Emanuel Isaksson, giustamente definito dalla bio “maniacale”), così come superfluo porre l’accento sull’artwork del cd, invero affascinante nella propria inquietante cupezza.

Ciò che conta, sono le canzoni e gli effetti che ne derivano.
Spazio quindi alle sventagliate inossidabili delle Hypocrisy oriented “Praise The Eradication” e “Damnation Dressed In Flesh” (pezzi che paiono usciti direttamente dalla penna del grande Tägtgren), alle sinistre architetture della successiva “Crowning King Cancer”, in cui i soliti Hypocrisy si mescolano con Arch Enemy ed Immortal ultimo periodo, ed alle terremotanti “Termination Process” e “From The Abysmal Womb”, tracce spietate al limite della brutalità, che non rinunciano tuttavia ad un sottile gusto per le armonie ed i giochi tra chitarre e tastiere.
L’alone dei già più volte nominati Dimmu Borgir, è questione più che dichiarata poi, nelle aperture delle colossali “At War With The Interior”, “Slaughter Is Passion” e “The Icon And The Faceless”, episodi che miscelando asprezza, atmosfere caliginose e teatralità, rendendo in via definitiva concrete le buone impressioni sul potenziale del giovanissimo quartetto nordico (età media ventuno anni!), autore di un album decisamente piacevole e di buon auspicio.

Un ottimo esordio – intitolato “Infamy and Breed” – nel 2007, assestamento di line up, contratto con Century Media e sicura conferma nel 2008 appena terminato.
Che dire. Un nome su cui puntare per il futuro?

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Tracklist:

01. Slaughter Is Passion
02. Praise The Eradication
03. Crowning King Cancer
04. Contra Mundum
05. Termination Process
06. At War With The Inferior
07. From The Abysmal Womb
08. Damnation Dressed In Flesh
09. Humanity Vs Sanity
10. The Icon And The Faceless

Line Up:

Simon Berglund – Voce / Chitarra
Emanuel Isaksson – Batteria
Emil Nystrom – Chitarra
Markus Åkebo – Basso

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