Recensione: The Coral Tombs

Di Matteo Pedretti - 11 Marzo 2023 - 8:00
The Coral Tombs
Band: Ahab
Etichetta: Napalm Records
Genere: Doom 
Anno: 2023
Nazione:
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83

Gli Ahab rappresentano il perfetto esempio di gruppo difficilmente incasellabile in un genere preciso. Infatti, se da una parte la proposta dei ragazzi del Baden-Württemberg è sicuramente riconducibile alla sfera del Funeral Doom, dall’altra sono sufficienti pochi ascolti per capire come il loro approccio sia meno ortodosso e, in un certo senso, più arioso rispetto a quello dei principali esponenti del genere in questione come Skepticism, Esoteric, Evoken e Mournful Congregation.

Altra peculiarità della formazione tedesca sono i concept degli album, che si sviluppano intorno a opere letterarie incentrate su tematiche marine e oceaniche. A livello lirico, infatti, The Call of The Wretched Sea” traeva ispirazione da Moby Dick di Melville, “The Divinity of Oceans” da “In the Heart of the Sea: the Tragedy of the Whaleship Essex” di Nathaniel Philbrick e “The Boats of the Glen Carrig” dal romanzo horror di William Hope Hodgson da cui mutua fedelmente il titolo.

A otto anni di distanza da “The Boats of the Glen Carrig”, gli Ahab tornano con il nuovo “The Coral Tombs”, licenziato via Napalm Records lo scorso gennaio. Ancora una volta il soggetto delle oscure narrazioni dei Nostri è una storia incentrata sugli abissi marini, e non una qualsiasi!!! Come filo tematico del loro quinto album, infatti, Daniel Droste (voce e chitarra) e soci hanno scelto nulla di meno del classico “Ventimila leghe sotto i mari” di Jules Verne.

Sotto il profilo musicale “The Coral Tombs” ribadisce a chiare lettere l’unicità del quartetto, capace come pochi loro contemporanei dediti al Funeral Doom, penso ad esempio ai Bell Witch, di coniare un sound immediatamente riconoscibile nell’ambito di una corrente ormai ultratrentennale (infatti il demo “Fhtagn-nagh Yog-Sothoth” dei Thergothon, vera e propria pietra miliare del genere, è del 1991).

Anche in questo ultimo lavoro si distinguono tratti tipicamente Funeral Doom come i catatombali growl di Dorste, le andature in gran parte molto lente e le atmosfere plumbee. Vi sono poi altri elementi, molto più peculiari, capaci di attribuire forte personalità all’esecuzione degli Ahab. Ne è un esempio “Prof. Arronax’ Descent into the Vast Oceans”, una opener quanto meno atipica visto che parte con una sfuriata Black Metal (con le scream vocals di Chris Noir degli Ultha) per proseguire avvicendando evoluzioni Progressive e appesantimenti Doom. Alternanza, quest’ultima, su cui si basano anche le ottime “Colossus of the Liquid Graves”, “A Coral Tomb” e “Ægri Somnia”. Anche per via della produzione, secca e ruvida, i riff di chitarra suonano granitici e sporchi, in generale molto vicini al Traditional Doom.

Se “Moboli in Mobilis” è l’episodio Funeral Doom più convenzionale, lo stesso non si può dire per “The Sea as a Desert”, retta da riff psichedelici e ipnotici che, come vortici, risucchiano l’ascoltatore negli abissi più oscuri. A “The Mælstrom” spetta il compito di chiudere questo viaggio per mari tempestosi in modo estremo, ma maestoso, grazie al contributo vocale di Greg Chandler degli Esoteric.

Pur muovendosi lungo le medesime coordinate stilistiche definite dai suoi predecessori, “The Coral Tombs” introduce alcune novità (i passaggi Black, le incursioni Psych, una produzione più immediata) che contribuiscono a mantenere il discorso musicale degli Ahab molto interessante e in costante divenire. Disco difficile da assimiliare, anche per via dei suoi 66 minuti di durata, “The Coral Tombs” richiede all’ascoltatore apertura mentale e impegno, ma ripaga quanti vi si accostano (rigorosamente a suddette condizioni!!!) con una nera ondata di espressività e atmosfere.

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