Recensione: The Corruption of Mercy

Di Alessandro Calvi - 5 Luglio 2011 - 0:00
The Corruption of Mercy
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Anno: 2011
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55

Sarah Jezebel Deva non ha bisogno di presentazioni. Chi ha bazzicato un po’ la scena metal ne ha sicuramente sentito parlare. Il suo nome, infatti, si è più volte accostato ad alcuni gruppi molto famosi come Therion e Cradle of Filth. Spesso, addirittura, la sua partecipazione ad alcuni album di queste band ha coinciso con la pubblicazione di piccoli capolavori. A lungo andare, quindi, deve essersi fatta strada in lei la decisione di provare a realizzare uno di questi piccoli gioiellini con le sue sole forze. Ecco, così, nascere prima gli Angtoria (dalla vita oltremodo breve con un solo disco pubblicato, e potremmo aggiungere: per fortuna) e poi abbandonare qualsiasi monicker per dare vita a un progetto che portasse direttamente il suo nome. “The Corruption of Mercy” è la seconda prova di questo nuovo corso, vediamo come se l’è cavata.

Rispetto agli esordi con gli Angtoria la musica non è cambiata molto. Il genere proposto è rimasto un gothic metal con qualche spruzzata estrema che strizza più volte l’occhio ai gruppi in cui Sarah ha militato. In particolare spiccca l’influenza avuta dai Cradle of Filth per la struttura delle canzoni e i cambi di ritmo e d’atmosfera. Oltre, ovviamente, alla voce di Sarah, su questo disco si mettono in luce soprattutto le tastiere, pressochè onnipresenti. Quasi come una diretta conseguenza di questo fatto le parti orchestrali permangono su lidi dediti soprattutto a magniloquenza ed epicità, fatto che non può non riportare alla mente come tutto questo progetto indipendente nacque da quell’iniziale intenzione di scrivere colonne sonore.
Anche se coinvolgenti e capaci di far scorrere qualche brivido lungo la schiena, soprattutto grazie all’accoppiata con la voce, sempre magnifica, di Sarah, le melodie rimangono, però, nella media. Se già le tastiere non spiccano il volo con un guizzo di originalità, altrettanto, se non di peggio, si può dire degli altri strumenti. Chitarre, basso e batteria sembrano limitarsi a svolgere il proprio compitino, diligentemente, ma senza alcuna intenzione di aggiungere qualcosa di personale. Persino i passaggi leggermente più rock, che quindi si discosterebbero un po’ dal resto delle composizioni, non fanno eccezione, risultando di conseguenza piuttosto scialbi.
In quella che appare come una diffusa mancanza di idee e di voglia di fare, il peggio lo si tocca con una cover. Proprio a metà album, del tutto avulsa del resto della tracklist, troviamo la cover di “Zombie” dei Cranberries. La voce di Sarah, come già detto, non si discute, e la sua interpretazione è naturalmente di alto livello. Il resto, però, decisamente rivedibile. Musicalmente parlando la canzone è rimasta quasi uguale all’originale, non presentando quasi nessuna variazione che la facesse suonare come una personale rivisitazione. Inoltre stilisticamente non c’entra praticamente nulla col resto del CD suonando stonata a fianco delle altre tracce e facendosi notare solo in negativo.

In conclusione le ombre superano le luci in questo secondo album della carriera solista di Sarah Jezebel Deva. I difetti riscontrati nelle precedenti opere della singer inglese si ripresentano puntualmente anche questa volta. Indubbiamente “The Corruption of Mercy” venderà bene tra i fan e gli amanti di certe sonorità eternamente riciclate. Per noi, invece, puntare tutto un disco solo ed esclusivamente sulle doti liriche della propria cantante, continua a rimanere insufficiente. Da musicisti di questo livello è lecito e doveroso attendersi opere complete, di qualità a tutto tondo.

Tracklist:
01 No Paragon of Virtue
02 The World Won’t Hold Your Hand
03 A Matter of Convenience
04 Silence Please
05 Zombie
06 Pretty with Effects
07 What Lies Before You
08 Sirens
09 The Eyes that Lie
10 The Corruption of Mercy

Alex “Engash-Krul” Calvi

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