Recensione: The Damnation Game

Di newblackclown - 23 Ottobre 2002 - 0:00
The Damnation Game
Band: Symphony X
Etichetta:
Genere:
Anno: 1995
Nazione:
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75

Questo capitolo rappresenta la svolta decisiva nel progetto Symphony X, con “the Damnation Game” la band puntella e scolpisce il sound che si trascinerà per tutta la propria carriera. L’impostazione melodica e ritmica ingloba numerose prerogative del Jazz (be-bop in primis) e della fusion pura, mantenendo il noto riferimento al neoclassico sinfonico. Difficile. Al primo ascolto c’è subito un leggero disorientamento verso le nuove coordinate acquisite, addirittura dubbio per certi tentativi di contrarre la musica all’estremo giocando su tematiche molto impegnative; purtroppo nonostante gli intenti di originalità, il disco fa emergere tutto l’acerbo di un gruppo troppo “giovane” per poter intraprendere certe strade.
Variazioni decisive pure nel frangente della formazione; al sottovalutato vocalist Rod Tyler subentra Russel Allen, un musicista che fino a quel momento aveva solo avuto esperienze nel folk. Il “novizio” presenta una qualità lirica decisamente in disuso nel metal: Ovviando alla mancanza di estensione vocale con un timbro caldo e sensibile, capace di mutare dal dolce all’aggressivo senza spezzare la melodia. Forse anche per questa solenne pacatezza, il disco presenta delle logiche molto raffinate, pensate, fluide, che però danneggiano una presa enfatica più diretta.
La title-track apre le danze con una rapida pioggia di tastiere creando un clima godibile, la song è compatta e riuscita, formando un ottimo preludio alle future aperture melodiche. Purtroppo il piedistallo non vale la statua, perchè non c’è quasi mai una vera e propria accelerazione che cambi una tendenza opaca. Dressed To kill si fa notare solo per un balbettante minuetto centrale, più che una svolta rappresenta un timido ed infelice riferimento alle ariose strutture settecentesche. Cosi senza mai sfiorare del vero sentimento, tutto ci conduce ad una perfetta ma oziosa ascesa di scale cromatiche, condite qua e là da cori solenni che determinano una partitura masochista, sempre più incartata su se stessa; soltanto le ultime tre tracce sollevano un tumulto emotivo, prendendo iniziative consapevoli ed energiche.
Per concludere non si può negare sia la grande bravura tecnica degli artisti sia il discreto equilibrio che hanno saputo raggiungere unificando buone intuizioni con differenti filoni musicali; purtroppo c’è un eccessivo gusto per l’evasivo ed il “difficile” che tarpa le ali a delle cadenze forti e coinvolgenti. Il frutto è un lavoro ansimante, imprigionato dalla sua stessa nobile origine, che combatte contro la propria superbia senza vittoria nè sconfitta.
Tracklist

  1. The Damnation Game
  2. Dressed To Kill
  3. The Edge of Forever
  4. Savage Curtain
  5. Whispers
  6. The Haunting
  7. Secrets
  8. A Winter’s Dream (part one)
  9. A Winter’s Dream (part two)

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