Recensione: The Dark Plague – Directors Cut

Di Giuseppe Abazia - 24 Gennaio 2012 - 0:00
The Dark Plague – Directors Cut
Band: The Insane
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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55

I The Insane sono una formazione vicentina attiva dal 2004, composta da Jonathan alla voce, Davide alla tastiere e Marco alla chitarra. Il loro esordio discografico risale al 2010, ed è rappresentato dal demo autoprodotto The Dark Plague; il 2011, invece, vede l’uscita di un’edizione riveduta del suddetto demo, denominata “Director’s Cut”, alla quale sono aggiunte due nuove tracce. La versione qui in esame è per l’appunto la seconda, e la precisazione è d’uopo poichè mentre le canzoni originarie complessivamente si assestano, purtroppo, su livelli di insufficienza, le due canzoni nuove segnano un netto miglioramento. Anche la recensione, quindi, andrà a trattare separatamente i contenuti originari di The Dark Plague, e le aggiunte dell’edizione Director’s Cut.

Iniziamo dunque dalla prima parte, rappresentata dalle prime sette tracce del disco. The Dark Plague, nella sua forma originale, mette in luce buone idee, ma parecchio confuse. Se infatti le pecche riguardanti la qualità dei suoni possono essere senz’altro giustificate dalla natura autoprodotta del demo e dai mezzi non eccelsi a disposizione della giovane band, le incertezze del songwriting hanno un peso decisamente maggiore nella valutazione del prodotto: il gruppo si prefigge di mischiare death, doom e ambient, ma il miscuglio che ne deriva non è ben amalgamato come sarebbe auspicabile. Il sound è ricco di passaggi di tastiere carichi d’atmosfera e pathos,  che risultano essere l’elemento di maggior spicco del sound degli Insane, soprattutto perchè aiutano a mitigare uno dei problemi principali di The Dark Plague: la scarsità di riff di chitarra memorabili. Lo stile adottato è ossessivo, catacombale, ma aggettivi del genere devono essere necessariamente accompagnati da melodie sì cupe, ma capaci di catturare l’attenzione dell’ascoltatore. Gli Insane, da questo punto di vista, centrano il bersaglio solo a volte, e principalmente sulle canzoni più veloci, mentre quelle più lente soffrono di più la mancanza di spunti di interesse. In questo senso gli assoli di chitarra rappresentano, a seconda dei casi, sia una manna dal cielo che un’ulteriore nota di demerito: sebbene gli interventi solisti aiutino a movimentare lo svolgersi delle canzoni, il loro posizionamento lascia a volte un po’ perplessi, e la loro esecuzione è a volte inficiata da una pulizia e una precisione tutt’altro che impeccabili. Neanche il comparto vocale, purtroppo, è esente da difetti, essendo costituito perlopiù da uno scream poco potente ed a tratti sforzato. La drum machine, infine, paga il dazio di campionamenti di bassa qualità, ed in generale è tutto il sound ad essere affossato da una produzione che non conferisce agli strumenti la giusta potenza (ma ripetiamo che non sono queste le pecche fondamentali del disco).

La situazione è decisamente più positiva nelle ultime due tracce, invece (le nuove aggiunte della Director’s Cut). I primi miglioramenti che saltano subito all’orecchio sono costituiti dalla la voce e dalla batteria. La voce dimostra una sicurezza di sè di gran lunga maggiore, non suona più sforzata, e acquisisce una buona potenza; ci sono ancora margini di miglioramento, ma il passo in avanti è assolutamente notevole. La batteria, invece, trae giovamento da campionamenti di qualità superiore (sebbene un certo senso di artificiosità permanga). In generale, comunque, è tutto il sound a uscirne rinvigorito: le chitarre hanno un taglio più corposo, il songwriting è supportato da melodie più convincenti e più interessanti, e gli assoli sono meglio eseguiti.

Valutare The Dark Plague non è facile: prendendo in considerazione unicamente quella che dovrebbe essere la sua tracklist originaria, il giudizio è necessariamente negativo, essendo le prime sette canzoni inficiate da difetti che purtroppo sovrastano i pregi. Le ultime due tracce, però, risollevano la situazione e dimostrano che il gruppo è in grado di progredire e limare le lacune del proprio stile: il songwriting richiede attenzione maggiore e c’è bisogno di correggere alcune imperfezioni tecniche, ma quelle ultime due tracce testimoniano che la strada intrapresa è quella giusta. Tuttavia, giudicare un disco significa esaminarlo nel suo complesso, e preso nella sua interezza, The Dark Plague non raggiunge la piena sufficienza. Il voto finale dunque rispecchia la fase di transizione nella quale gli Insane vengono fotografati da The Dark Plague – Director’s Cut: non insufficiente, perchè i buoni spunti ci sono e perchè attraverso le ultime due canzoni possiamo tastare con mano i primi miglioramenti, ma non del tutto sufficiente poichè la strada da percorrere è ancora lunga.

Giuseppe Abazia

Tracklist

01 – 001=%$&6
02 – Anxiety
03 – Desperation
04 – I Am Alive
05 – Icarus
06 – The Gift Of Hate
07 – You
08 – Mina
09 – Outro

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