Recensione: The Difference Between Hell And Home
Cavalcando impeccabilmente l’onda del metalcore, che forse ha passato il punto di massima altezza ma che comunque continua a mantenere una notevole energia cinetica, i canadesi Counterparts giungono a dare alle stampe il terzo full-length di una carriera lunga solo sei anni.
Dopo uno split con gli Exalt nel 2010, la media produttiva raggiunge il ragguardevole traguardo di un platter all’anno o poco meno. Se nel 2010 è stata la volta del debut-album “Prophets” e nel 2011 quella di “The Current Will Carry Us”, “The Difference Between Hell And Home” rappresenta infatti l’uscita discografica per il 2013.
I cinque ragazzi di Hamilton propongono un metalcore assai pulito e ordinato, perfettamente allineato agli stilemi enciclopedici del genere. Un po’ strano, questo fatto, poiché il metalcore è una derivazione diretta dell’hardcore, stile musicale al contrario indisciplinato e ribelle per natura. Una discrasia che l’approccio assolutamente accademico dei Counterparts rende così evidente da farla balzare all’occhio quale caratteristica principale di “The Difference Between Hell And Home”. Non che però questo sia un difetto, trattandosi di una peculiarità connaturata a una foggia artistica che, bene o male, si trova nella maggior parte delle band figlie dei Bullet For My Valentine et similia.
I Counterparts, tuttavia, colpiscono per la pulizia di una produzione particolarmente cristallina e tagliente come un rasoio, ma al contempo calda e profonda, ricca di pulsanti sonorità che abbracciano la parte più bassa dello spettro sonoro. Una nettezza figlia di una regolarità da cronometro svizzero, come peraltro si può facilmente evincere dalla ‘forma’ simmetrica dell’insieme delle canzoni, chiamate con una sola parola la cui lunghezza sale e poi scende via via che scorre il CD. Canzoni ove la melodia è una componente importante, sostenuta, per l’appunto, da quel calore davvero coinvolgente che alimenta uno stile definibile a tutti gli effetti ‘melodic metalcore’. Merito sì del groove che passa dalle mani del batterista Kelly Bilan e del bassista Eric Bazinet ma, anche e soprattutto, dall’affiatamento che Alex Re e Jesse Doreen, i due chitarristi, mostrano nel dipanare la matassa di un guitarwork certo non complicato. Però ricco di varietà, brillante, ‘agitato’ e con soluzioni spolverate da una certa dose di classe. Forse esageratamente scolastica, al contrario, la prestazione Brendan Murphy, indubbiamente capace di interpretare senza macchia il ruolo che gli compete ma autore di uno screaming quasi monocorde, tendente ad appiattire le song.
Esclusa l’eccellente “Compass”, che pare davvero riassumere a sé tutti i migliori segni particolari del genere, confluenti in un chorus stupendo ammantato da cori lontani e da un tono struggente assai coinvolgente, il resto è sì sufficiente se non discreto, ma non riesce a decollare definitivamente in virtù, guarda caso, di un’endemica somiglianza fra le varie song. “The Difference Between Hell And Home” non è un insieme di brani uguali fra loro, questo va ribadito, e inoltre la sua potente, scalpitante, malinconica anima difficilmente potrà causare noia o fastidio. Quello che manca è una maggiore decisione e duttilità compositiva, quasi che i Nostri avessero paura di allontanarsi da cliché sì rassicuranti ma anche parecchio rigidi e schematici. Così, oltre al pezzo su citato, si possono mettere in linea la rutilante “Ghost”, la drammatica “Witness” e ultima ma non ultima, “Soil” che, al contrario, con i suoi languidi ma riottosi rallentamenti, potrebbe indicare la strada per una possibile esplorazione di territori diversi da quelli abitualmente occupati.
In conclusione, “The Difference Between Hell And Home” può giudicarsi con la classica frase ‘senza infamia né lode’. Di questi tempi, ove l’inflazione galoppa, non è risultato così negativo, per i Counterparts.
Provare ancora.
Daniele “dani66” D’Adamo
Discutine sul Forum nel topic relativo!