Recensione: The Eagle Has Landed III

Di Stefano Ricetti - 5 Luglio 2006 - 0:00
The Eagle Has Landed III
Band: Saxon
Etichetta:
Genere:
Anno: 2006
Nazione:
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63

Ritengo che la cosa più importante che deve sempre accompagnare un critico musicale sia l’obiettività. Questo per rispetto nei confronti di chi legge e che spesso decide di spendere gli Euro necessari all’acquisto di un album dopo essersi fatto un’idea di quanto si possa aspettare facendo una capatina fra le recensioni di TrueMetal. Alla fine poi la molla che fa muovere la penna durante una recensione è – e rimane – il gusto personale che, per definizione, risulta essere opinabilissimo. Altra peculiarità è il fatto di ritenersi “libero” da qualsivoglia condizionamento, inconsciamente spesso inevitabile per questioni di amicizia fra le persone. La capacità del giornalista è appunto quella di travalicare tutti questi aspetti e riportare in maniera onesta le proprie sensazioni.

Vi chiederete: ma cosa c’entra ‘sto pistolotto con la recensione di The Eagle has Landed III dei Saxon? C’entra eccome, e vi spiego il perché. I Saxon sono la band che amo di più sulla faccia della terra e non c’è nulla di male ad ammetterlo: quando scrissi anni fa le recensioni di Wheels of Steel e Strong Arm of the Law per TrueMetal avvertii il lettore di scordarsi per un momento del concetto di oggettività, che va a braccetto con l’obiettività. Ma si trattava di straclassici, non di nuove uscite, quindi con un potenziale impatto sul mercato completamente differente e, lasciatemelo dire, di capolavori che trascendono certi concetti per peso specifico intrinseco.

Questo ultimo live degli Stallions of the Highway inglesi è una mezza delusione, ed è un peccato, perché poteva avere i numeri per divenire un doppio memorabile da ricordare negli anni. I Nostri hanno toppato, e mi spiace ammetterlo. Le aspettative che nutrivo per questo terzo episodio della “saga” The Eagle has Landed erano alte, da “bava alla bocca”, tanto per intenderci. Le premesse c’erano proprio tutte: prima di tutto un doppio Cd, quindi spazio da sfruttare a gogò, poi parecchi brani con “martello” Jorg Michael dietro le pelli, altri con il redivivo Nigel Glockler, e per chiudere un’infinità di date live dalle quali pescare fra il 2004 e il 2005… ma non basta. Eagle part. III mi ha lasciato l’amaro in bocca, esattamente come lo fece il live No Sleep at All dei Motorhead parecchi anni fa: un’occasione d’oro buttata alle ortiche.

Il primo Cd contiene canzoni che abbracciano il periodo dall’esordio “Saxon” del 1979 fino a Solid Ball of Rock del 1991: vi sono autentiche chicche in versione live come Backs to the Wall (mai uscita su nessun album dal vivo ufficiale finora), Frozen Rainbow (si deve tornare al Greatest Hits Live del 1991), To Hell and Back Again e la celeberrima Stallions of the Highway, anch’esse inedite in veste “non da studio”. Mi chiedo perché poi vengano riproposte Never Surrender (già su Eagle part. I del 1982), This Town Rocks (già su Rock’n’Roll Gypsies del 1989) solo per citare due fra i più eclatanti “doppioni”, e siano state lasciate fuori perle mai comparse su disco in versione live come Hungry Years (da Strong Arm of the Law) e il binomio Altar of the Gods/Baptism of Fire da Solid Ball of Rock, mentre compare la scialba Redline da Power and the Glory

Nel secondo Cd le cose vanno addirittura peggio: l’arco temporale abbraccia il periodo da Forever Free (1993) a Lionheart del 2004. Ebbene: mancano colpevolmente tracce che avrebbero meritato a pieni voti di esserci come Metalhead, Conquistador e Deeds of Glory, usurpate da brani trascurabili come Man & Machine, Flying on the Edge, Jack Tars (seppur breve) e Searching for Atlantis.

In entrambi i dischetti ottici il sound è poi paurosamente discontinuo nella regolazione dei volumi: solo a tratti dignitoso ma mai eccelso, segno “si” di live non taroccato, ma vergognoso se si pensa che è un’uscita del 2006 targata Spv e non dell’ultima indie di provincia. I cori live del pubblico a volte sono persino imbarazzanti per mancanza di incisività, ma questo si può imputare a vari fattori, e non è giusto cercare il pelo nell’uovo a tutti i costi.

La copertina di questo doppio live, molto anonima, è in sintonia con il contenuto del package: poco curato e allestito senza le necessaria cura. Mi spiace tantissimo trattare così severamente la band di Biff Byford e Paul Quinn, ma sono convinto che si sarebbe potuto tranquillamente evitare di infangare gli altri due storici episodi di Eagle has Landed con una terza puntata di siffatte caratteristiche. Sia chiaro però: il lavoro non è immondizia pura, assolutamente! Brividi positivi ne dispensa a buone dosi, ma in maniera molto altalenante. Il problema è che dai Saxon ci si deve aspettare MOLTO di più.

Immagino che questa recensione innescherà un autentico vespaio, ma questo è il mio amaro e sincero pensiero: mi rifiuto da sempre di “scrivere quello che il lettore vorrebbe leggere” e anche gli amatissimi Saxon non sfuggono a questo comandamento.

A voi la sentenza finale…   
  
          

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

Tracklist:

 Cd one
 01 – This Town Rocks
 02 – Backs To The Wall
 03 – Redline
 04 – Stand Up And Be Counted
 05 – Never Surrender
 06 – Frozen Rainbow
 07 – Suzie Hold On
 08 – Play It Loud
 09 – Warrior
 10 – See The Light Shining
 11 – To Hell And Back Again
 12 – Stallions Of The Highway
 13 – Wheels Of Steel
 14 – And The Bands Played On
 15 – Crusader
 
Cd two
 01 – The Return
 02 – Lionheart
 03 – Man & Machine
 04 – Beyond The Grave
 05 – Searching For Atlantis
 06 – To Live By The Sword Pt. I
 07 – Unleash The Beast
 08 – To Live By The Sword Pt. II
 09 – Flying On The Edge
 10 – Jack Tars
 11 – English Man ‘O’ War
 12 – Court Of The Crimson King
 13 – Broken Heroes
 14 – Dragon’s Lair
 15 – Rock Is Our Life
 16 – Travellers Time
 17 – Solid Ball Of Rock 

 

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