Recensione: The End [Re-release]
Ottavo anno di attività per gli ungheresi Sin Of Kain i quali, dopo il debut album “Howling Sins Of Alighting Whim” del 2002, nei primi giorni di maggio dello scorso anno hanno immesso sul mercato, con la Cyanide Syndace Records, la re-release di “The End” (full length originariamente risalente al 2006 – Vic Records – ). Fra i due platter, il demo autoprodotto “… Of Disharmony” nel 2004, a completare la breve discografia del gruppo.
Lo stile si manifesta mediante un simbiotico rapporto death/thrash, inestricabile per definire se prevalga l’uno o l’altro genere. Dovendo scegliere, preferisco inquadrarli nel black per un certo umore tetro e oscuro che permea il lavoro. Comunque, si tratta sempre di un mero fatto formale per cui meglio concentrarsi sulla sostanza cioè sulla musica. Musica dura, violenta; tuttavia ricca d’improvvise aperture melodiche dall’ampio respiro, tese a disegnare quel mood che sa tanto di zolfo, colorato però di rosso fuoco anziché di giallo.
“Mother Died” mostra immediatamente di che pasta siano fatti i Nostri. Riff di chitarra marci, soli cattivi, blast beats a ondate, screaming isterico, growling degenere, folli intarsi cuciti con le tastiere. L’originalità non è la caratteristica migliore del combo, tuttavia il sound si assesta su una linea che non presenta né interruzioni né deviazioni per quanto riguarda la personalità della proposta. I cinque di Budapest picchiano duro senza pietà, non andando troppo per il sottile, con un tiro davvero micidiale.
Oltre allo spirito innovativo, anche la produzione non credo rimarrà nella Storia (soprattutto per il suono della batteria, insufficiente sotto tutti i punti di vista). Quando, presumibilmente, non si ha a disposizione un budget cospicuo, la resa complessiva non può essere impeccabile anche se “The End”, comunque, si riesce ad ascoltare senza troppi traumi. Anche perché una peculiarità delle canzoni, a mio parere di non poco conto, è l’antitetica commistione fra la ruvidezza del muro di suono eretto dalle chitarre e la morbida rifinitura del tappeto di tastiere. Ne è l’esempio “Undone”, che alterna e miscela le bordate di pura ferocia, senza compromessi, alle delicate digressioni di Csaba Rom. Pure “Deathrow” propone un’anomalia di questo genere, con il growling iper-gutturale di Krisztián Gyémánt che va a innestarsi sulla base melodica delle keyboards e del pianoforte (sic!). Questa «classicità» è mostrata anche da Harkh, che esibisce una buona preparazione basata sull’old school, quando dipana la matassa dei soli (“Cursed Name”). Echi di black sinfonico emergono prepotentemente nell’incipit di “Vain Glory”, devastata da sfuriate di blast beats in mezzo a un mid-tempo aspro e vigoroso, condito da passaggi acustici. “Questionless”, con le sue insane dissonanze, mostra un cuore nero, un’anima oscura e anche una discreta capacità di scrittura; meno visibile nel lineare episodio (strumentale) conclusivo “Outro… The End”.
Purtroppo – anche se non si arriva a traumatizzare l’ascoltatore – la resa finale penalizza “The End”, poiché in certi frangenti il caos è imperante con conseguente perdita di definizione. E i Sin Of Kain, alla fine, appaiono più grezzi di quanto in realtà non siano. Tuttavia, sono da rimarcare le tante idee degli stessi, la dura attitudine di base e la capacità di creare atmosfere gustosamente pittoriche anche se, obiettivamente, già viste in giro…
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Track-list:
1. Mother Died 5:51
2. Undone 7:23
3. Deathrow 5:04
4. Cursed Name 7:04
5. Vain Glory 6:38
6. Questionless 10:20
7. Outro… The End 3:17
Line-up:
Krisztián “Cathar” Gyémánt – Vocals
Harkh – Guitars
Gyula “Hjules” Havancsák – Bass
Csaba “Arngrim” Rom – Keyboards
Dávid Juhász – Drums