Recensione: The Hunt is On

Di Stefano Ricetti - 30 Ottobre 2006 - 0:00
The Hunt is On
Band: Dreamhunter
Etichetta:
Genere:
Anno: 2006
Nazione:
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68

Debutto per i bresciani Dreamhunter sotto l’egida della sempre attenta e attiva My Graveyard Productions, etichetta che crede fortemente – e giustamente – nelle potenzialità dell’HM italiano. I Nostri nascono dalle ceneri dei Vladimir, cover band di brani anni Settanta, fino a formare i Dreamhunter intorno al 2002. La line-up attuale vede Andrea “Gus” alla chitarra, Andrea “Vega” al basso, Michele “Gas” alla voce, Marco Bottazzi alla batteria e Emanuele “Slash” alla seconda ascia.

The Hunt is On è figlio delle influenze della band durante il periodo di gavetta passato a suonare in tutti i buchi possibili della provincia di Brescia: quindi i riferimenti a Whitesnake, Rainbow, Dio, Deep Purple, Tony Martin, MSG e Kingdom Come si sprecano. L’esperienza di sicuro non manca ai Nostri, che sono parte attiva anche in progetti paralleli come Rollin’ Papers, Whiskey Dust e Settima Eccedente. La loro storia ricorda non poco la trafila che costituiva la regola negli anni Ottanta: farsi il paiolo per anni e arrivare dopo sudore e sangue al debutto su disco.

All’interno di The Hunt is On sorprendente è la prova del singer Michele Gusmeri, a suo agio con partiture raffinate e di classe che pretendono preparazione e piglio da veterano, anche se può sicuramente migliorare sulle note alte. I brani sono tutti piacevoli: finalmente mi trovo a recensire un Cd che non contiene i soliti filler tanto per far volume e saggiamente i lombardi si fermano a otto pezzi senza per forza dover arrivare a dodici altrimenti chissà cosa pensano “gli altri”.

L’highlight del disco è Hope, un brano marziale e roccioso dove i Dreamhunter si spogliano delle vesti hard rock anni Settanta e pestano duro come da tradizione british HM, in The Good “Gas” fa il verso al buon, vecchio, Ronnie, così come in Dreamhunter, anche per via dei cori demodé. Gli episodi meno efficaci risultano essere Thunder e Slave to the Piston. Can’t Get it Out è il personale tributo della band ai grandi David Coverdale’s Whitesnake, Ride Into my Mind e Vanity (ottime le chitarre che “vanno e vengono”) chiudono il lavoro all’insegna dell’hard’n’metal.          

A mio parere quello che manca a The Hunt is On è una bella ballad e in generale degli inserti di tastiera che riuscirebbero a “riempire” maggiormente il suono, così come i Dreamhunter dovrebbero sforzarsi di “caricare” i cori, che dovrebbero risultare più incisivi. 

La prima pietra è stata posata, e direi anche piuttosto bene, da qui in poi i Dreamhunter dovranno dimostrare di essere una band di caratura superiore sforzandosi di ricercare un sound un poco più personale, magari enfatizzando il carattere latino che solo noi italiani insieme con gli spagnoli possediamo.     

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti


 

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