Recensione: The Impending Fall Of The Stars

Di Manuele Marconi - 19 Gennaio 2023 - 0:48
The Impending Fall Of The Stars
82

L’Anno Domini 2023 inizia con l’uscita di un disco su cui aleggiavano aspettative abbastanza elevate. Parliamo di “The Impending Fall Of The Stars”, della one –man band “Inherits the void” dichiaratamente costruito come la naturale evoluzione di “Monolith Of Light”, l’album d’esordio pubblicato nel 2021. Nonostante questa annunciata continuità, l’album tende a essere più melodico, tendente alla scena black metal degli anni ’90, in particolare a quella svedese. Le nove canzoni che compongono il disco ruotano attorno alle migrazioni dei popoli da epoche antichissime fino ai tempi attuali, prendendo in considerazione le speranze ed i pericoli a cui sono soggette tutte le persone coinvolte nell’esodo.

Il disco risulta abbastanza difficile da analizzare, ma nel senso “positivo” del termine. Sì perché questo lavoro riesce a coniugare in maniera sapiente ed incredibilmente bilanciata ogni singolo elemento che lo compone, andando a delineare un quadro artistico davvero rilevante. L’album infatti non ha mai cali, che siano di ritmo o qualitativi, e mantiene livelli altissimi per tutti i circa 45 minuti di durata: una prova di forza non indifferente. La produzione riesce a dar risalto a tutti gli strumenti: la batteria martellante e ossessiva, il basso cavernoso e le taglienti chitarre non sovrastano la voce e si mescolano in un valzer macabro monolitico. Brani spesso molto dinamici e sufficientemente diversi fra loro rendono l’ascolto interessante, seppur ovviamente impegnativo, data comunque la densità del muro sonoro a cui sono sottoposte le orecchie dell’ascoltatore. Risulta perciò difficile andare a pescare episodi salienti: sicuramente il brano più interessante è “While the Night Seizes of the Burning Sun”, penultimo e unico a superare i 7 minuti di durata. La scelta ricade su quest’ultimo in quanto racchiude in sé una sintesi del disco intero, in termini di ricchezza e varietà compositiva, come anche di resa e presenza strumentale.

Che dire quindi di questo secondo lavoro del capo-progetto Antoine Scholtès? Assolutamente promosso: forte, melodico, massiccio, curato.

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