Recensione: The Inevitabile End
Death metal!
Dietro a questo genere si possono scrivere dei veri e propri trattati enciclopedici, di cui qualcuno dedicato all’evoluzione del genere stesso a partire dalla ‘perfetta’ forma primigenia. Se così fosse, per dare oggi un esempio di quello che è stato ieri non sarebbe assolutamente erroneo fare un nome: Smothered. Nati… ‘ovviamente’ in quel di Stoccolma solo quattro anni fa, è bastato un solo demo, nel 2012, a fungere da apripista per “The Inevitabile End”, debut-album appena uscito sotto Soulseller Records.
Gli svedesi, e in particolare il nucleo coincidente con la capitale, si sa, hanno il death metal nel sangue, e gli Smothered non sono un’eccezione, giacché “The Inevitabile End” fa quasi impressione per la sua solida realizzazione, la sicurezza dei propri intenti, la determinazione nel raggiungere i propri obiettivi. Che, per quanto sopra, confluiscono nella ferrea volontà di suonare death metal old school nella sua raffigurazione più pura possibile. Prendendo come influenza principale i leggendari connazionali Dismember e mettendoci un pizzico di ferocia in più.
Senza macchia, quindi, il suono delle chitarre, marcissimo ma comprensibile e comunque potente, spesso lacerato dagli acuti assoli di Martin Norman; rimpolpato dalla rombante rifinitura a caldo del basso di Tobias Arvidsson. Viktor Eklund propone quello ‘strascinato’ ritmo quattro quarti inimitabile della band di David Blomqvist che, come uno zombie, arranca strisciando gli arti inferiori. Anche se non sono rari i momenti in cui il drumming sprofonda nell’ipnotica marea dei blast-beats. Stoffe Eriksson, secondo axe-man, alle prese con il microfono si rivela adeguato al compito assegnatogli, senza colpire particolarmente per qualche invenzione timbrica degna di nota ma evitando di compiere errori sciorinando una prestazione tosta e del tutto professionale. Ma è unendo tutti questi ingredienti che gli Smothered cucinano un piatto dal sapore vecchia scuola come pochi altri; mantenendo intatto il flavour che permeava la scena metal di Stoccolma nella prima metà degli anni ’90, allineando però il loro sound alle esigenze della moderna commerciabilità, seppur di livello underground.
Del resto anche nei passaggi più furibondi, come nella violentissima “Green River Anthem” o nella successiva title-track, la monumentale muraglia eretta da Eriksson & Norman, via via sempre più rapida nella costruzione del temibile ‘wall of sound’, si avvale dei meccanismi infernali mossi dai blast-beats, accelerando alla follia senza tuttavia dimenticarsi di lasciare per strada le ticchettanti ossa della vecchia scuola. I toni cupi e tenebrosi non mancano mai, e avvolgono costantemente “The Inevitabile End” con quell’aurea malsana che, volenti o nolenti, è una delle caratteristiche-principe del ‘vero’ death metal.
Rispetto a una mera e quindi banale riproposizione tout court di quello già sviscerato da centinaia di colleghi in epoche passate, gli Smothered riescono in ogni caso a rendere sufficientemente personale la propria realizzazione; non entrando chiaramente nel gotha degli ensemble che hanno fatto la storia dell’evoluzionismo metallico o, più specificamente, quella della progressione/contaminazione del death metal. Pur tuttavia, qualche pennellata intinta di ‘farina del proprio sacco’ si può percepire, qua e là.
Evitando di imbarcarsi in imprese impossibili, gli Smothered scelgono di proseguire l’epica tradizione del death metal svedese; facendolo con umiltà, passione e spirito di sacrificio. “The Inevitabile End”, per dar seguito al suo titolo, non potrà che finire in qualche scaffale ove qualche deathster doc ripone i CD che recano incisi, per sempre, i segni della memoria storica.
Daniele “dani66” D’Adamo
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