Recensione: The Killer Angels

Di Francesco Sgrò - 29 Giugno 2013 - 19:57
The Killer Angels
Band: Civil War
Etichetta:
Genere: Power 
Anno: 2013
Nazione:
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79

Nati da una costola dei Sabaton, gli svedesi Civil War irrompono sulla scena del power metal più classico e battagliero con “The Killer Angels“, sorta di concept di recentissima uscita, dalle evidenti affinità con la storia americana.
Stilisticamente, il sestetto nordico si colloca in via diretta proprio nel calderone in cui albergano gruppi come Majesty e gli stessi Sabaton, ragioni ed elementi per cui – è inevitabile –  l’opera prima dedicata agli “Angeli Assassini“ della battaglia di Gettysburg, risulta piuttosto prevedibile e poco originale.
Nonostante questo, si riconosce al combo scandinavo l’abilità di aver saputo confezionare un esordio ottimamente realizzato, che può anche offrire – al netto di soluzioni già ben note – momenti gradevoli ed adrenalinici

La solenne opener “King Of The Sun“, riesce nel compito di stuzzicare l’attenzione dell’ascoltatore, concentrandosi su sonorità cupe cui le tastiere conferiscono un tocco di pathos mai fuori luogo. Il tutto è completato da un’ottima interpretazione del bravo Nils Patrik Johansson, vocalist in possesso di una timbrica minacciosa e potente, come dimostra il cadenzato refrain, a dire il vero non troppo esaltante.
Con la successiva “First To Fight“, il gruppo abbandona le velocità controllate del brano precedente per concentrarsi su toni più sostenuti e massicci, con un risultato decisamente migliore che riesce a far decollare il disco in via definitva: buona, infatti, anche la suggestiva “St Patrick’s Day“, traccia in cui risulta essere fondamentale il lavoro eseguito dalle due chitarre. Peccato solo per il coro centrale, di una banalità quasi disarmante.
“Rome Is Falling“
, prosegue con coerenza l’opera degli scandinavi, segnalandosi positivamente per un buon ritornello, questa volta sicuramente più riuscito ed in grado di risaltare: ottima l’interpretazione dal bravo vocalist, a volte vicino a rievocare lo spirito del grande Ronnie James Dio.

L’ombra dei Sabaton è costantemente presente nelle note della devastante “Sons Of Avalon“ , forse il miglior brano del lotto, caratterizzato da un ritornello diretto e feroce, accompagnato da una sezione ritmica precisa e dilaniante.
Il gruppo sta lentamente mutando il proprio songwriting, spazzando via le incertezze dimostrate nella prima parte dell’album, come dimostra l’evocativa “I Will Rule The Universe“, perfetta colonna sonora per una sanguinosa battaglia, caratterizzata da un chorus potente e riuscito.
La melodia prende il controllo della situazione, diventando la spina dorsale della buona “Lucifer’s Court“, questa volta incentrata maggiormente sulle tastiere suonate dal bravo Daniel Mÿhr, anch’egli noto per il lavoro svolto con i connazionali Sabaton.
Lo spirito di Ronnie James Dio sembra guidare il sestetto svedese che, con la potente “Brother Judas“, segna un nuovo episodio di incandescente Heavy Metal incastonato nel mosaico allestito dai Civil War, band che nell’ultima parte dell’album continua a mietere vittime con la maligna “My Own Worst Enemy“, subito seguita dall’eccezionale “Gettysburg“, inno di battaglia stavolta molto vicino allo stile dei Running Wild della celebre “Battle Of Waterloo“.
Il finale del platter è scandito dall’ottima “March Across The Belts“, conclusiva sfuriata che segna la possibilità di un futuro luminoso per questa nuova realtà del Power Metal. Un pizzico di personalità in più, è esattamente quanto necessario…

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