Recensione: The Machinations of Dementia

Di Fabio Quattrosoldi - 28 Febbraio 2009 - 0:00
The Machinations of Dementia
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Anno: 2007
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87

Il nuovo progetto di Rob Jarzombek riporta la ricerca sonora del chitarrista americano nei territori del metal estremo, dopo le prove progressive-fusion degli Spastic Ink, mostrandosi, di fatto, l’album più heavy partorito da Rob. Un lungo viaggio strumentale che recupera gli ipertecnicismi di “Ink Compatible” in un orizzonte che spazia fra prog e death, fra fusion e grind. In tal senso fondamentale è l’apporto in fase di scrittura del bassista coinvolto nel progetto, Alex Webster dei Cannibal Corpse, che si dimostra un incredibile strumentista, ma soprattutto è abilissimo nel fondere il proprio background death con le funamboliche architetture chitarristiche di Rob. A rifinire il tutto, l’eccellente Richard Zeleny, membro dei Behold the Arctopus e noto turnista (in particolare per aver accompagnato Jordan Rudess nella sua tourné nipponica), autore di una prestazione sbalorditiva. The Machinations of Dementia si propone di tradurre in musica l’esperienza della follia, avvolgendo l’ascoltatore in una spirale sonora che non ha cali di tensione, né concessioni commerciali d’alcun tipo e che, per arrangiamenti e impatto, segna nuovi standard difficilmente eguagliabili. Punti di riferimento sono senz’altro l’iper-prog di gruppi quali Spastc Ink, Spiral Architect o Zero Hour, ma anche i Voivod dei primi album e in generale il math-metal. Si tratta solo di riferimenti generici, poiché lo stile di Jarzombek è riconoscibile fin dai primi tre accordi.

Così il riff dell’opener Synaptic Plasticity si ficca in testa, con la forza di un martello pneumatico, fra vertiginosi saliscendi ritmici, fulminei stop and go, rallentamenti al limite dello sludge, pregevoli assoli fusion e cambi di tempo finali che stordiscono. La seguente labirintica Laser Lobotomy rincara la dose, sterzando verso la fusion con futuribili progressioni chitarristiche. Brain Fingerprinting potrebbe essere un outtake di “Ink Compatible”, mentre Oscillation Cycles si erge in pericoloso equilibrio fra grind e thrash. Manifesto dell’album è Activation Synthesis Theory, otto minuti che abbracciano l’heavy metal a 360°, giocando a scomporre e ricomporre infiniti spartiti musicali, nei quali riescono a giustificarsi insieme taglienti riff e inafferrabili controtempi, sperimentalismo chitarristico e tradizionali cavalcate trash. Da qui in poi il vento della sperimentazione si trasforma in un tornado e ai brani canonici si interpongo  intermezzi che sono schegge di follie: l’ultra progressive R.E.M. (i Dream Theater suonati al doppio della velocità), la spaziale Narcolepsy (ovvero una versione prog dei Darkane), la violentissima Amnstesia (blast beat allo stato puro). Fra i brani più ragionati in particolare spicca l’ipertecnica Night Terror, un dedalo di cambi di tempo sui quali Jarzombek alterna oscuri riff di voivodiana memoria ai suoi inconfondibili fraseggi fusion. Bleeding The Brain fa il paio al brano precedente, impreziosita da un elaborato solo di chitarra costruito su sweep e tapping eseguiti a velocità impossibili e un lavoro di cassa che ricorda il Gene Hoglan del periodo Death. Chiude la doppietta Adenosine Breakdown-Adenosine Buildup, che concilia riff new-metal al prog più tecnico.  

In sostanza un album d’avanguardia che ha nell’assalto sonoro e nella perizia esecutiva due chiavi di volta e che sottende un lavoro “erculeo”, come dice lo stesso Webster nei credits, sia in fase di produzione che d’arrangiamento. Il plauso va ovviamente alla mente del progetto, Rob Jarzombek, che si dimostra songwriter fra i più personali e geniali del panorama metal odierno. The Machinations of Dementia si dimostra più ostico e compatto rispetto alle precedenti opere del chitarrista texano, per via di un’aggressività, talora eccessiva per un lavoro di fusion-metal, ma che rispecchia la volontà dell’autore di produrre un album veramente estremo. Unici appunti, la produzione, che seppur ottima, nelle parti più tirate perde un po’ di nitidezza e l’assenza di significativi assoli di basso che, in lavoro del genere, sarebbero stati pienamente giustificati. Consigliato vivamente a chiunque ami la tecnica strumentale e le strutture labirintiche e, nel contempo, agli appassionati di musica estrema che ricercano stimoli fuori dai comuni schemi espressivi del genere.  

Tracklist:
1. Synaptic Plasticity
2. Laser Lobotomy
3. Brain Fingerprinting
4. Oscillation Cycles
5. Activation Synthesis Ttheory
6. R.E.M.
7. Night Terror
8. Bleeding In The Brain
9. Vegetation
10. Narcolepsy
11. E.E.G. Tracings
12. Sleep Deprivation
13. The Insomniac
14. Amnesia
15. Adenosine Breakdown
16. Adenosine Buildup

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