Recensione: The Oracle

Di Enzo - 4 Gennaio 2002 - 0:00
The Oracle
Band: Ring Of Fire
Etichetta:
Genere:
Anno: 2002
Nazione:
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65

Nel negozio di dischi di fiducia vengo subito attirato da questo disco caratterizzato da una splendida copertina. Capisco subito che si tratta della neonata band di Boals (nella quale presto farà sua comparsa il chitarrista McAlpine), come potrei non comprarlo? Dopo aver compiuto il decisivo passo rimango, tuttavia, leggermente deluso doo numerosi ed attenti ascolti, ma andiamo con ordine.
Mi aspettavo molto molto di più da questo progetto, in primo luogo, come già detto,un album caratterizzato da sonorità hard’n heavy decisamente robuste orientate verso originali spunti neoclassici così come “promesso” dalla caratura dei musicisti che sono andati a comporre questo disco a partire da Virgil Donati alla batteria a Kuprij alle tastiere a un buon Philip Bynoe al basso e George Bellas alla chitarra ma, più che un lavoro di classe, lo trovo invece un disco dove gli spunti vincenti sono troppo pochi.
Caratterizzato da sonorità a tratti progressive e sinfoniche e a tratti molto tecniche e poco graffianti si rivela un lavoro abbastanza noioso, la componente neoclassica non riesce a far decollare il disco perchè troppo priva di originalità. Non basta la perizia tecnica e l’ottima prova di Bellas alla chitarra (da poco uscito dalla band) per risollevare brani davvero scontati come Circle Of Time, composta da veloci e tecnici riff che non riescono a dare la giusta spinta al brano. Non basta nemmeno la buona prova di Boals in Shadow In The Dark per rendere frizzante questa canzone. Bellissima invece Samurai, dal suo orientaleggiante flavour epico e dalla fresca ed interessante costruzione melodica. Una nota a favore anche per l’ottima per la title track The Oracle, dallo splendido refrain, orecchiabile e decisamente trascinante. Si attesta su discreti livelli Land Of Illusion, tuttavia poco longeva dopo numeri ascolti. In conclusione il disco contiene si numerosi episodi vincenti, ma è privo di quella continuità stilistica capace di rendere l’album interessante e longevo.
Per quanto mi riguarda, una prova a lungo andare noiosa, comunque con i suoi tutto sommato lati positivi, come la classe e la perizia strettamente tecnica messa in evidenza in must songs quali “Samurai” e “The Oracle” che, fidatevi, da sole valgono l’acquisto del disco.

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