Recensione: The Process Of Elimination

Di Matteo Bovio - 29 Luglio 2005 - 0:00
The Process Of Elimination
Band: Leng Tch’e
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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68

Due album con la nostrana The Spew e finalmente il “contrattone” con la Relapse: era solo questione di tempo, visto che dal loro buonissimo esordio non si fa che parlare di loro in ambiente underground. Se vi aspettavate il definitivo salto di qualità, ho paura che dovrete attendere ancora un po’. Ancora una volta il gruppo piazza un buon colpo, che però non basta a fargli prendere distanza netta dalla schiera di ottimi acts ancora in attesa dell’album della consacrazione. Anzi, arrivati a questo punto alla formazione belga manca anche l’elemento sorpresa. E’ difficile parlare in maniera equilibrata di un lavoro così altalentante, e sicuramente ci vuole più di un ascolto per assimilare il disco e formarsi un giudizio che prescinda da alcune prime, facili impressioni.

L’intro in apertura era evitabile, ma il primo ascolto ci svela, con una certa sorpresa, che il gruppo ha deciso di dare una parziale smorzata alla goliardia dei primi lavori, concentrandosi maggiormente sulla musica nuda e cruda. Eccoci dunque immersi in una soluzione quasi pura di quel Grindcore tanto ispirato alla nuova scuola svedese, costruito però su un sound massiccio che ben pochi altri gruppi possono permettersi. Un Grindcore farcito da mille influenze, a volte troppo scombinate ma nel complesso ben giocate.

Difficile buttar giù 24 tracce e dare a ognuna un perchè, ma i Leng Tch’e ci provano. Qualche volta si va troppo sul derivativo: “Reality? Tv” mischia la cacofonia dei Pig Destroyer al groove dei Napalm Death. A volte si diventa pacchiani nel tentativo di far sorridere, ed ecco uscire la rockeggiante “PIMP“. Episodi indicativamente buoni, ma che da sè non tengono su un album. Diversa la faccenda per tracce come “The Fist Of The Leng Tch’e“, dove le citazioni ai Nasum certo non smorzano nè la carica nè la particolarità del brano. Stupisce che un gruppo in grado di scrivere simili brani si perda poi in episodi scontati come “Motorgrinder“…

Le influenze spaziano poi in territori Crust (“Don’t Touch My Spandex“) senza disdegnare cenni di Hardcore, che danno ai brani il giusto groove: “Another Hit Single” mostra in maniera emblematica la capacità del gruppo di alternare marcata follia Grindcore a del sano headbanging. Vuoi per l’ottima produzione, vuoi per una discreta stesura di arrangiamenti e strutture, il pastone di influenze non crea confusioni di nessun genere: il gruppo mantiene intatta l’identità che i fan hanno imparato a conoscere con i primi due lavori. E questo è un ottimo punto di partenza per il prossimo lavoro.

Sì signori. Spiace proprio dover chiudere guardando già oltre, ma questo lavoro, per quanto buono, non è quello che mi aspettavo da loro. Quel qualcosa di catchy che emerge nelle tracce può ingannare, e lo stesso si può dire per il sound terribilmente potente. Ma The Process Of Elimination è un lavoro di transizione, non certo un punto di arrivo. L’esordio su Relapse andava decisamente sfruttato meglio.
Matteo Bovio

Tracklist
01. The Fist Of The Leng Tch’e
02. Don’t Touch My Spandex
03. Overkill Bill
04. Another Hit Single
05. Bobby-Joe’s Slumber Party
06. Remote Controlled
07. Glamourgirl Concubine
08. Ingest / Dissent
09. Schematic
10. Man’s Inhumanity To Man
11. Motorgrinding
12. Fat Camp
13. Icon Resizer
14. Derisive Conscience
15. Patriotic Pleasure
16. The Plastic Motive
17. Testosterone Collar
18. Scene Scenery
19. Clarity Denied
20. Mediocrity Contest
21. PIMP
22. Reality? Tv
23. Alliance Of Blockheads
24. Terminal Excess Patient

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