Recensione: The Roadrunner Years

Di Stefano Ricetti - 29 Maggio 2025 - 0:30
The Roadrunner Years
Genere: Heavy 
Anno: 2025
Nazione:
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80

Per molti appassionati i Crimson Glory (qui loro intervista del 1987) permangono degli ambasciatori sani di magia applicata alla musica dura. Di sicuro c’è che il gruppo originario di Sarasota, in Florida, nella seconda metà degli anni Ottanta portò una ventata di aria fresca all’interno di un panorama metallico comunque già robusto di suo.

Una trovata apparentemente banale come quella di presentarsi al pubblico con il volto coperto da maschere d’argento li condusse agli onori delle cronache di allora, ma sarebbe sacrilegio indicare questa loro semplice caratteristica come l’atout che li fece divenire famosi, in quanto fu la musica a rendere “i Crimson Glory i Crimson Glory” per poi traslarli nell’immaginario collettivo.

Ossia energico US Metal venato di epica e slanci Progressive veicolato per il tramite di un astro nascente come Midnight dietro al microfono, all’anagrafe John Patrick Jr. McDonald, purtroppo poi passato a miglior vita nel 2009 a soli 47 anni. Un fuoriclasse accostabile per timbro, tiro e feeling espresso a Geoff Tate dei Queensryche, David DeFeis dei Virgin Steele e anche al nostro Morby, in base alle varie situazioni canore affrontate.

È prassi comune, peraltro condivisibile, considerare i veri Crimson Glory quelli del periodo ricompreso fra il 1986 e il 1988, nel quale pubblicarono i loro capolavori: Crimson Glory e Transcendence. Nel 1991 seguì Strange and Beautiful e con Astronomica del 1999 si chiuse per sempre la loro parabola discografica a livello di full length ma non quella dal vivo. La band, difatti, risulta ancora attiva oggi, con ben 3/5 della formazione originale del 1983, anno della fondazione: Jeff Lords (basso), Dana Burnell (batteria) e Ben Jackson (chitarra).

Da qualche settimana è disponibile The Roadrunner Years, un cofanetto cartonato a quattro ante apribili realizzato dalla Dissonance Productions, una sussidiaria della Cherry Red Records, che racchiude i primi tre album dei Crimson Glory nella loro versione estesa, quindi con le (limitate) bonus track, per un totale di 31 canzoni. Come di consuetudine per uscite similari, ad accompagnare il pacchetto vi è un gustoso libretto di dodici pagine, con la storia dei Crimson Glory raccontata da Darren J. Sadler anche attraverso i ricordi di prima mano del bassista Jeff Lords, raccolti appositamente per questa realizzazione insieme con foto tratte dal suo archivio personale. Bella poi l’immagine della classic line-up “argentata” nelle due centrali e interessanti gli usuali flyer, manifesti di concerti, biglietti, estratti e copertine dell’epoca di riviste ricompresi nel booklet.

Sottolineato che la discografia dei Crimson Glory sia già stata setacciata a dovere su queste stesse pagine truemetallare in passato, sintetizzando la band della Florida all’interno del proprio esordio distilla perle che finiscono dritte dritte nella storia dello US Metal: l’epica “Valhalla”, l’adrenalinica “Dragon Lady”, l’enfasi profusa dentro “Azrael” e la straniante “Lost Reflections”, solo per citarne quattro. Passano due anni ed è la volta di Transcendence, un lavoro che riparte da quanto seminato dal predecessore enfatizzandone l’allure eroica e Prog. Rimanendo in ambito poker basti citare l’arrembante “Red Sharks”, la classe di “Painted Skies”, “Masque of the Red Death” e risulta impossibile non annoverare anche la ruffianissima Lonely”, il cui video, con una modella in négligé bianca, li catapultò nel rutilante mondo di MTV.

Nel periodo dei due album sopraccitati il gruppo si destreggia alla grande anche in sede live ma le cose iniziano a scricchiolare fra la fine del decennio e l’inizio di quello nuovo, alimentate dai primi evidenti problemi affioranti nei confronti di Midnight in relazione al suo rapporto con il consumo di alcool. Nel 1991 viene pubblicato Strange and Beautiful, con Ravi Jakhotia al posto di Dana Burnell dietro ai tamburi e il solo Jon Drenning alla chitarra, certificando quindi Ben Jackson fuori dai giochi. I Crimson Glory optano per una netta sterzata nei confronti di una sorta di hard rock anni Settanta vicino ai Led Zeppelin, scelta che, seppur degna e supportata da quanto rimane della classe cristallina di Midnight, sempre più in preda ai suoi demoni, non incontra i favori del pubblico, che si attendeva un ulteriore evoluzione di quanto fatto su Transcendence. È l’inizio della fine, gli scarsi riconoscimenti in termini commerciali e di consenso accelerano il probabile processo di dissolvimento già in atto in seno al complesso che infatti si scioglie quello stesso anno per la prima volta in quella che diverrà poi una lunga parabola artistica, sebbene lontanissima parente del periodo d’oro incastonato fra Crimson Glory e Transcendence.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

 

 

 

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