Recensione: The Silver Key

Di Stefano Usardi - 12 Ottobre 2025 - 10:00

Tempo di esordio per i Gjallarhorn’s Wrath, quartetto formatosi a Barcellona ma con membri provenienti anche da Canada, Regno Unito e Polonia, che si affacciano sul mondo del metallo con questo “The Silver Key”. La proposta del quartetto internazionale si può definire come un mix tra black metal sinfonico e death metal corpacciuto: chitarre corpose e piene, screziate di tanto in tanto dai toni gelidi e sferzanti tipici del black, e sezione ritmica che alterna partiture rombanti, violente sfuriate e rallentamenti carichi di un groove incombente. Per chiudere il cerchio sulla ricetta dei nostri aggiungete una voce che pesca da tutto l’arsenale estremo senza mai risultare sguaiato e tastiere che ammantano tutto con la loro maestà, ricordando in più di un’occasione quanto fatto dai Dimmu Borgir (una delle principali influenze dei nostri, insieme ai Septic Flesh) del periodo “Death Cult Armageddon”. Come spesso accade in questi casi, proprio quest’ultimo elemento attira su di sé le luci della ribalta, sovrastando in diverse occasioni il resto del gruppo con le sue atmosfere dal profumo cinematografico, ma ciò non cancella il fatto che quando c’è da spingere “The Silver Key” riesce comunque a dire la sua.

Un buon esempio per capire il gruppo può essere l’accoppiata “Fangs of Fate” – che alterna martellate dal groove coatto a gelide sventagliate frenetiche e condisce il tutto con rallentamenti solenni e dal piglio romantico coronati dalla voce pulita femminile – e “Through the Gates of the Silver Key”, il cui piglio trionfale e maligno offre una veduta più arcigna sulla musica del quartetto. L’impostazione dei nostri è piuttosto ortodossa, ben radicata in un certo black sinfonico di facile assimilazione, ma va comunque detto che i nostri non vogliono affatto proporre una semplice colonna sonora a qualche serata a tema dark fantasy (che comunque non sarebbe di per sé sbagliato): “The Silver Key” riesce a districarsi tra cambi di umore ed atmosfera, alternando momenti più tranquilli ad altri maggiormente solenni o frenetici, senza per questo perdere la sua digeribilità. È proprio quest’ultima caratteristica che me li fa apprezzare, rendendoli di fatto un buon biglietto da visita per questo genere anche per le persone meno avvezze al raw black duro e puro ma senza per questo scadere nella musica usa e getta.

Un debutto dal taglio conservativo, questo dei Gjallarhorn’s Wrath, che tiene alto il vessillo dell’ortodossia sinfonica nel black metal abbinandolo ad un’accessibilità ben calibrata. Attendo gli sviluppi per sentire come i nostri evolveranno la propria ricetta, nel frattempo mi godo questo “The Silver Key”.

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