Recensione: The Soul that Never Dies

Di Matteo Lavazza - 14 Novembre 2002 - 0:00
The Soul that Never Dies
Band: Seraphim
Etichetta:
Genere:
Anno: 2001
Nazione:
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55

Credo che questo “The Soul that Never Dies” sia il primo cd per i Seraphim, guppo che arriva dall’inconsueto, almeno per un gruppo Metal, Taiwan.
Lo stile della band riprende parecchio quello dei finlandesi Nightwish, soprattutto per la voce, peraltro molto bella, della singer Pay, dotata di una voce molto lirica e calda allo stesso tempo.
Le composizioni sono generalmente di buon livello, soprattutto le belle “Emptiness”, dalle linee vocali molto belle, “Mind’s Sky”, che nei suoi oltre 9 minuti di durata ci mostra il lato più dolce e quello più cattivo della band e la title track “The Soul that Never Dies”, forse la song dove il gruppo cerca maggiormente di distaccarsi dal modello Nightwish.
Purtroppo non tutto è perfetto nel cd in questione, innanzitutto il problema principale dei Seraphim è secondo me la mancanza di originalità, onestamente io ho sentito solo pochissimi spunti personali nel cd, e tutto ciò non invoglia certo ad ascoltare a lungo questo cd.
Altro problema palesato dai 5 ragazzi di Taiwan è lo scarso rendimento del batterista, che nei pezzi di doppia cassa mi sembra che vada spesso a caso, può essere solo una mia impressione, ma la cosa mi ha sinceramente infastidito; e la voce maschile, affidata al bassista Jax, secondo me assolutamente non all’altezza della situazione in più occasioni.
Il songwriting, come già detto in precedenza, si mantiene su buoni livelli, anche se alcune soluzioni mi lasciano perplesso, tipo l’assolo dell’iniziale “Love Hate” che mi è sembrato decisamente di cattivo gusto e poco in linea con la song in questione, almeno per i miei gusti.
La finale “Majestic Farewell”, dalla durata superiore ai 10 minuti, mi sembra decisamente troppo ambiziosa per i Seraphim, che secondo me non hanno ancora i mezzi tecnici e compositivi per poter affrontare la composizione di una canzone così lunga, che risualta quindi, per me, piuttosto noiosa alla lunga.
Molto buona la produzione, sempre limpida e potente, che consente di distinguere tutti gli strumenti anche nelle situazioni più “intricate”.
Penso che, se lavoreranno sodo, i Seraphim potranno avere la loro chance di farsi conoscere, secondo me l’importante per loro è migliorare sotto il punto di vista tecnico e, soprattutto, staccarsi da modelli precostruiti e cercare un loro personale modo di fare musica.

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