Recensione: The Turning Point

Di Francesco Sgrò - 8 Settembre 2020 - 20:06
The Turning Point
Band: Landfall
Etichetta: Frontiers Music
Genere: AOR 
Anno: 2020
Nazione:
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70

È un disco adrenalinico ed intrigante questo “The Turning Point”, prima testimonianza discografica dei giovani rockers brasiliani Landfall.
L’amore della band per il patinato sound tipico degli anni ’80, ha subito attivato il radar di Frontiers Music, pronta a raccogliere la sfida e pubblicarne l’album d’esordio sul tramontare di questa strana estate 2020.

Forti di un songwriting melodico e d’impatto, unito ad una produzione asciutta e potente, i nostri danno il via alle danze sulle note della diretta “Rush Hour”. Lo schema melodico proposto dal gruppo è semplice, efficace e consolidato. Una tappeto ideale nel consentire alla squillante voce del singer Gui Oliver di emergere con decisione in un refrain orecchiabile ed immediato.

Sfuriate di pura energia e atmosferici momenti arpeggiati si alternano nella seguente e pregevole “No Way Out”: se da una parte a pesare è la scomoda assenza di soluzioni compositive personali, dall’altra va riconosciuta ai Landfall l’abilità di aver saputo cogliere i giusti insegnamenti dalle icone storiche del genere.
Il mosaico Hard Rock confezionato dal gruppo carioca si arricchisce di un nuovo tassello con la passionale “Jane’s Carousel”, seguita dalla più energica “Across The Street”. In entrambi i casi, è palese come i nostri si avvalgano di un disegno compositivo tanto gradevole all’ascolto quanto anche ormai prevedibile.

La performance generale proposta dai Landfall è comunque di ottimo livello anche nella lenta “Don’t Come Easy”, caratterizzata da un refrain ricco di pathos, magistralmente interpretato dal talentuoso singer.
Buona anche la granitica “Taxi Driver”, che sembra quasi voler recuperare il classico sound dei primi Mr. Big.
Distant Love” torna con successo a riscoprire l’animo più romantico dei Landfall: i quattro musicisti, in effetti, non tentano nemmeno un po’ di nascondere la propria passione per quanto fatto dai Journey nel corso della loro grande carriera.

Sognanti atmosfere dominano poi la bella “Roundabout”, che fa il paio con l’intensa “Road Of Dreams”, contraddistinta ancora una volta da un ritornello tanto semplice quanto innegabilmente riuscito.
La profonda “Hope Hill” rappresenta il momento più emozionante dell’intero platter, mentre l’esaltante spirito dei migliori Survivor guida i Landfall attraverso le decise note di “Sound Of The City”.
Ottima conclusione di un esordio in verità poco incisivo nelle fasi iniziali ma, in ogni caso, ben confezionato e capace di regalare ben più convincenti emozioni nell’epilogo.

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