Recensione: The Usual Suspects

Di Francesco Prussi - 25 Aprile 2005 - 0:00
The Usual Suspects
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Genere:
Anno: 2005
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80

Torna Joe Lynn Turner singer di razza che non ha certo bisogno di presentazioni, in quanto, sicuramente, tutti conoscono i trascorsi musicali di questo grande artista sulla strada ormai da quasi trent’anni, ma ancora in possesso di una grinta e di un entusiasmo invidiabili. Certo dopo tanti anni di carriera rimettersi in gioco non è cosa facile, perché si rischia di sfruttare un passato glorioso e vivere solo di quello. Mentre il gran pregio di Turner è l’aver portato quel suono nel 2005 senza essere per questo datato. Così come non è facile parlare del nuovo album, in quanto si corre il rischio di esaltare il lavoro spinto dall’ammirazione che si prova verso il proprio idolo, oppure si ottiene l’effetto contrario dicendo cose senza senso. In ogni caso ascoltando la nuova fatica da studio non si corre questo rischio, perché l’ex Fandango mette in mostra tutta la sua classe ed esperienza, sciorinando un album di tutto rispetto che non lascia spazio a molte critiche. Balza subito all’occhio la forma smagliante in cui il nostro versa, perchè ascoltando la sua voce si può notare la naturalezza e la spontaneità con cui modula le sue corde vocali. The Usual Suspects, questo il titolo, rende maggior giustizia al passato hard-rock di Turner puntando maggiormente verso sonorità melodic-hard-rock, allontanandosi dal blues meno in risalto che in altre occasioni. Basta ascoltare il trittico di canzoni iniziali, Power Of Love, Devil’s Door e Jacknife per confermare quanto detto, perché si tratta di tre killer song ben bilanciate tra atmosfere anni 70 e bei chitarroni rocciosi sostenuti da ritornelli molto accattivanti ed a tratti anche un po’ ruffiani. Segue la semi-ballad Really Loved dai sapori bluesy con una sentita ed ispirata interpretazione vocale del singer; poi tocca a due brani molto belli come Rest Of My Life e Into The Fire dai toni marcatamente A.O.R. La traccia a seguire è Blood Money, un hard-rock molto torrido non particolarmente riuscito, ma in ogni caso sempre piacevole all’ascolto. La successiva All Alone è uno slow molto bello e romantico dai toni suadenti, in cui la voce di Joe e la chitarra di Pitrelli, suscitano belle emozioni. Tornano ancora gli anni 70 nella bella e ritmata Ball And Chain, molto sanguigna e viscerale resa più grintosa dal mitico singer che canta con l’entusiasmo di un’esordiente. Arriviamo verso il finale con la bella ballata Live And Love Again, pezzo molto sentito per via del cantato molto passionale di Turner. Chiude in maniera egregia il lavoro Unfinished Bizness, brano grintoso e veloce che mette la parola fine al disco.

Grandissimo ritorno sulle scene di un musicista che sta scoprendo una seconda giovinezza alla luce di collaborazioni tutte di un certo livello (Brazen Abbot e Hughes Turner Project) e album solisti forti di un songwriting di tutto rispetto.

Grande Joe ancora cento di questi dischi.

  1. Power of Love
  2. Devil’s Door
  3. Jacknife
  4. Really Loved
  5. Rest of My Life
  6. Into the Fire
  7. Blood Money
  8. All Alone
  9. Ball and Chain
  10. Live and Love Again
  11. Unfinished Bizness

 

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