Recensione: Threats Of Fate

Di Lucia Cal - 6 Aprile 2010 - 0:00
Threats Of Fate
Band: Abuser
Etichetta:
Genere:
Anno: 2009
Nazione:
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78

E’ uno scontro. Indietro nel tempo, contro lo scorrere del tempo. Sbalzo antecedente circa 30 anni,  una corsa in un intrico di arbusti ramificati
sferzata dalle spine micidiali di note  thrash old school rinvigorite nei virgulti di un sound teutonico alla Sodom e Kreator. S’addensano vertigine e smarrimento, rovesciano una pioggia di frammenti Bay Area, tempesta che stride forgiando strumenti incandescenti in cui bruciano le anime di Exodus e Testament, gorgogliano fugaci emersioni speed e tutto si aggancia nella morsa di un tecnicismo calibrato in coordinate Voivod.

Accantonate l’ingannevole prospettiva di trovarvi di fronte a qualche erede stelle e strisce, questa è voglia di suonare thrash metal made in Italy. Siamo a Milano e tutto prende forma nel novembre 2005, progetto partito dall’axeman Marco “Toffa” Toffaletti e dall’amico di vecchia data Lorenzo Graziani, dietro le pelli già al tempo degli Argonath, band in cui militano dal 2001. Arrivano in formazione Walter Lamorte, bassista nonché vocalist di incredibile espressività, e Stefano Bertolotti (ex- Irreverence), chitarrista che contribuisce in maniera determinante allo sviluppo compositivo dei pezzi. Strumenti alla mano e ferocia da giovani Whiplash, gli Abuser si lanciano da subito in un lavoro di stesura e composizione di materiale originale, alternando qualche sporadica esibizione live, ma preferendo concentrarsi sulla produzione studio, scelta che da subito mostra i suoi frutti: il 2007 è l’anno del primo, promettente ep, seguito dal contratto con My Graveyard Productions e dalla release del primo full-length “Threats Of Fate”.

Partenza categorica e spedita attraverso ‘Equinoxes’, manrovesci old school che senza troppi preamboli sono schiaffati in un’atmosfera frastornante intessuta di corse strumentali che si intrecciano nell’agile dinamismo caratterizzato da puntuali cambi di tempo gestiti con una padronanza da manuale. Fenomenale il carattere che Lamorte riesce a imprimere attraverso vocals sfrenate saldando l’ottimo esordio di tutti i componenti, una personalità imperativa e distinta dietro ogni strumento che lega la sua energia alla costruzione di un pezzo robusto ma scorrevole, una mischia sonora impeccabilmente ammaestrata da un’esecuzione a tratti magistrale. Unica stonatura, un basso imbrigliato in maniera eccessiva, che non riesce a divincolarsi se non a pezzo quasi ultimato, imperfezione causa di una produzione non sempre ineccepibile. Il lavoro, mixato e registrato all’X-Studio attraverso la collaborazione di Stefano Parodi, presenta spesso questa contraddittorietà infelice, ovvero una produzione capace da una parte di valorizzare il prodotto che si presenta sbozzato in una forma volutamente grezza e per questo interessante, dall’altra maldestra nell’approssimare i volumi che in qualche momento scivolano lontani dall’intento di intesa strumentale che caratterizza il disco.
La consolazione non tarda ad arrivare con ‘Vengeance’, pezzo che secerne bay area da ogni accordo, dall’incedere diabolico di riff allignati attraverso  la destrezza di Toffa e Stefano, alla perfetta intesa vocale dove non guastano scream aspri e collerici che gratificano chi si aspetta un prodotto autenticamente thrash. Irreprensibile il lavoro di Lorenzo su una batteria accesa di vigorosità eclatante, finalmente s’apprezza il talento di Walter al basso mentre la struttura del brano alterna l’ideale balzo di un assolo ben congeniato all’improvvisa stasi strumentale e ripresa ritmica combinando una vivacità compositiva davvero appagante. I quattro intriganti monologhi si legano in una combinazione dialogica che culmina nella complessità di un refrain dalle ritmiche incalzanti ed articolate spalmate su un’eterogeneità sonora che si stempera in un grooving analgesico capace di sedare l’impeto invasato che caratterizza la stesura ribelle di ‘Creations’.

Stacco narrativo su ‘Flesh Eaters’ mentre la laboriosità del disco va ad intricarsi in riff ulteriormente multiformi, creando risse strumentali
inconcepibili zittite per un istante da un nuovo, eccellente assolo. I chorus sanno legarsi alla voce di Lamorte in una ridondanza rabbiosa e coinvolgente (‘Missing Convinctions’), anche se le ottime trovate stilistiche sembrano frenare bruscamente su ‘Iron Ghost’. La track, nonostante attinga dalla tematica piuttosto originale introdotta dalla citazione del film ‘Tetsuo’ di Shinya Tsukamoto (curiosa storiellina il cui protagonista si diletta praticando l’innesto di varie parti metalliche sul suo stesso corpo) non brilla per avvincente poderosità come le precedenti, acuendo la sensazione che le strutture compositive siano imbragate in una gabbia di ripetitività che raramente lascia spazio a qualche nuovo elemento stilistico refrigerante. Situazione di stallo da cui si svincolano attraverso la magnifica cesura di ‘Possession’, splendido pezzo giocato su un ritmo non convenzionale e genialmente altalenante capace di schiumare acredine senza la minima sbavatura tecnica, in cui si può apprezzare appieno il carisma esibito a più riprese dal quartetto.
I ragazzi sanno tessere trame techno-thrash rendendole raffinate attraverso l’esibizione di una performance composita e tortuosa, costruendo ossessioni modulate attraverso un’onnipresente meticolosità e un’accuratezza tecnica a tratti impressionante. Qualche dubbio in proposito?
La cover dal repertorio Whiplash ‘Spit On Your Grave’ annienta qualsiasi esitazione d’irresoluto scetticismo.

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Tracklist

01. Equinoxes 4:57
02. Vengeance 5:12
03. Creations 5:00
04. Flesh Eaters 3:49
05. Missing Convinctions 3:08
06. Iron Ghost  6:34
07. Stone Mask Overlord 3:36
08. Pripjat 3:59
09. Possession 4:34
10. Spit On Your Grave (Whiplash Cover) 2:52

Line-up:

Marco ‘Toffa’ Toffaletti: Rhythm Guitar & Backing Vocals
Stefano Bertolotti: Lead Guitars
Lorenzo Graziani: Drums
Walter Lamorte: Bass Guitar & Vocals
 

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