Recensione: Thyrfing

Di Daniele Balestrieri - 22 Febbraio 2004 - 0:00
Thyrfing
Band: Thyrfing
Etichetta:
Genere:
Anno: 1998
Nazione:
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69

Sembra davvero passato un secolo da quando è uscita questa perla di Viking Metal puro, e invece guardando indietro negli anni lo sguardo si ferma al 1998, periodo in cui il Viking era già ben stabilito nel mercato di nicchia, e alimentato da gruppi di grande spessore. Eppure dal 1998, anno in cui si fanno notare anche gli “sconosciuti” Kampfar, i Thyrfing di strada ne hanno fatta, inanellando un successo dietro l’altro, grazie ad album spettacolari come Valdr Galga, Urkraft e Vansinnesvisor. Ora che gli Einherjer sono definitivamente passati a miglior vita, rimangono i Thyrfing come unici vassalli del Viking Metal, l’unica band mainstream che ha sempre dedicato la propria vita a perpetrare questo strano, eclettico e onorevole genere musicale.

Con all’attivo solo due (ottimi) demo, Solen Svartnar e Hednaland, questo quintetto svedese entra nei Sunlight Studios e a metà anno sforna quest’album che porta il nome della band, album vessillo della loro produzione che verrà. E lo fanno, devo dire, con un certo rigore psicologico: prendono le loro chitarre, il basso, la batteria, il cantante e la tastiera, si rinchiudono nello studio e sfornano una dietro l’altra dieci canzoni, tutte con la medesima struttura. Un rigore invidiabile e in un certo qual modo sospetto. Anche se il 1998 è davvero dietro l’angolo, la composizione, la registrazione e il feeling di questo album è davvero almeno da inizio decennio. Il cantante, svedese di origini finlandesi, mostra una voce gracchiante, una specie di screaming di media apertura che ricorda in un certo qual modo il black scandinavo, grazie anche alle chitarre e alle batterie che nei momenti di maggiore furia possono far ricordare quel black melodico di immortal-iana memoria. Eppure, canzone dopo canzone, gli ingredienti sono sempre gli stessi, e sempre più o meno nella medesima quantità: le canzoni in genere partono con un buon riff di chitarra, al quale si aggiunge immediatamente la pomposa tastiera che accompagnerà ogni singola canzone, per arrivare poi al canonico assolo rallentato, al cambio di velocità altrettanto canonico, alla parte “estrosa” in cui una voce pulita farà qualcosa o si inserirà un coro, quindi si arriverà alla velocizzazione di fine canzone e al termine. Questo è fondamentalmente Thyrfing.

Ora sembra che stia sminuendo il loro lavoro chiamandolo dozzinale. In realtà questo album compie una specie di magia: forma il sound Thyrfing, sound che diventerà assolutamente personale per tutti gli album, fino all’eccentrico Vansinnesvisor che si abbandona allo sperimentale più assoluto (e geniale). Tutte le canzoni hanno un ritmo incalzante, grazie a quelle grandi tastiere, non troppo preponderanti, ma al contrario sempre melodiche e ritmiche, la cui evoluzione creerà poi quel piccolo capolavoro di Valdr Galga, che è un’affinarsi delle tecniche gettate in campo in questo CD, in maniera forse un po’ accademica.

Il CD scorre in maniera piacevole, ogni canzone presa nel singolo è un bel pezzo di autentico Viking Metal, ma nessuna canzone riesce a emergere in maniera clamorosa. Potrei citare la mia preferita in assoluto, che è “En Döende Mans Förbannelse“, con un riff di pianoforte energico, melodico, quasi folk, di un ritmo incalzante e allegro, con un seguito di chitarre molto “catchy”, che è sempre un piacere ascoltare, e riascoltare, e riascoltare anche a distanza di anni. Potremmo anche parlare di “Going Berserk“, una canzone osannata da moltissime persone, anche se non particolarmente rilevante, fatto probabilmente dovuto a una presenza massiccia sulla rete e quindi prona a un ascolto più frequente. Prese singolarmente le canzoni sono bei lavori, ma nel contesto generale dell’album tendono un po’ troppo ad affogare tra di loro, problema derivato anche dal fatto che la voce è decisamente monocorde, non si stacca praticamente mai dalla stessa apertura, a parte veloci excursus nel growling o nel pulito.

Un bell’esempio di viking di scuola svedese, un classico dei Thyrfing che si stanno semplicemente scaldando l’ugola e sgranchendo le gambe in favore degli altri, ottimi album che seguiranno. Purtroppo anche la registrazione è completamente appannata, non è affatto pulita come le seguenti produzioni. Non che sia un problema in questo genere di musica, ma questo CD è come se fosse stato registrato dietro una porta chiusa, e questo spesso non giova a talune poderose incursioni di chitarra, che tendono a essere purtroppo un po’ troppo amalgamate tra di loro.

Nonostante tutto, l’album rimane un classico del Viking e probabilmente sarà nel cuore di molte persone, compreso il mio. Stavolta i sentimenti giocano un ruolo importante a fianco della musica, e un album genuino, sincero e ricco di piccoli grandi tocchi di originalità, a volte folkeggiante, a volte un po’ power, a volte black, crea sicuramente ottimismo e carica, specie alla luce di ciò che avverrà in seguito. Ispirato, epico, incoraggiante e interessante, peccato appunto per la produzione e per la vaga monotonia complessiva.

Una piccola curiosità: Ho notato che il CD esiste in tre versioni (tutte originali per il mercato occidentale), invece delle due annunciate sul sito ufficiale: la prima stampa ha la costoletta scritta in un corpo sottile, mentre la seconda stampa ha la costoletta scritta in grassetto e il logo leggermente spostato: stranamente ne ho comprate due a distanza di alcuni anni l’una dall’altra (non so nemmeno io perché), e ho notato questa differenza. Ora entrambe le edizioni sono fuori catalogo, e sono appena uscite le ristampe ufficiali, sia di Thyrfing che di Valdr Galga.

Tracklist:

Raven Eyes
Vargavinter
Set Sail To Plunder
Ur Askan Ett Rike
Celebration Of Our Victory
A Burning Arrow
En Döende Mans Förbannelse
Hednaland
Wotan’s Fire
Going Berserk

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