Recensione: Times They Change

Di Fabio Vellata - 17 Gennaio 2006 - 0:00
Times They Change
Band: 91 Suite
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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74


Gradito come back per gli spagnoli 91 Suite, band già sentita tre anni orsono sull’omonimo debut album edito dalla ormai defunta Vinny Records e protagonista così come allora di un ottimo lavoro di Hard Rock dal sapore fortemente “adulto”. Devo ammettere che risulta piuttosto insolito ascoltare melodie così spiccatamente americaneggianti proposte da un gruppo in realtà originario di Murcia (se privi di qualche informazione al riguardo sarebbe ben difficile identificarne la provenienza senza cadere in errore) ma se possono farlo con successo degli svizzeri, perché non degli spagnoli?

Rock adulto dunque è quanto ci propongono i 91 Suite, i cui termini di paragone sono per lo più identificabili in sonorità vagamente “moderniste” alla Harem Scarem ed Emerald Rain, molto ben amalgamate però con un evidente e godibilissimo gusto dal raffinato sapore retrò di chiaro stampo ottantiano ed una leggera affinità con un certo Bon Jovi dei tempi d’oro, rilevabile maggiormente nelle tonalità del cantato ad opera di Jesus Espin e soprattutto nelle immancabili ballads presenti in scaletta.

Interessanti le atmosfere che vengono a crearsi lungo l’intera durata dei 14 brani, votate ad una positività e spensieratezza che poco si sposano con il rigido periodo invernale in cui ci troviamo e si contestualizzano in modo molto più appropriato in una tiepida giornata d’alta primavera. Pezzi come “Far Away”, “Everyday Goes By”, “Hopes And Dreams” e “Hard To Forget”, sarebbero la perfetta colonna sonora per il classico viaggio in una giornata di sole a bordo di una bella decappottabile, magari lungo un autostrada che costeggia l’oceano.

Poche davvero le controindicazioni in questo cd, sorprendente per quanto risulta maturo e ben studiato tale da renderlo formalmente inattaccabile praticamente sotto tutti gli aspetti. Il gruppo in tutto il suo complesso si disimpegna decisamente bene, non si intravedono sbavature (forse solo la voce, a voler essere estremamente pignoli, è un po’ poco “personale”, ma è un dettaglio in fin dei conti trascurabile) ed è da sottolineare la grande abilità della coppia di chitarristi Ivan Gonzalez e Francisco Cerezo, autori di una prova di grande personalità e buon gusto senza mai per questo apparire eccessivi o invadenti.

Un buon lavoro sinceramente, composto da brani che si lasciano ascoltare con estrema facilità e piacciono al primissimo ascolto, arricchito da una produzione che calza perfettamente al genere di musica proposto e ci regala una buona dose di “good vibrations” lungo tutti i suoi oltre 51 minuti di durata.

Unico limite, comune peraltro a quasi tutte le uscite di questo genere, è la scarsa originalità.
Tuttavia, quando la resa effettiva del prodotto che abbiamo acquistato vale i soldi spesi, della carenza d’inventiva possiamo tranquillamente infischiarcene…

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