Recensione: To The Death

Di Daniele D'Adamo - 2 Febbraio 2013 - 0:00
To The Death
Band: NervoChaos
Etichetta:
Genere:
Anno: 2013
Nazione:
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55

Con le nuove uscite dei Neutron Hammer, Vore e Deathmarched, sembra che si sia ben delineata una corrente di death metal che, sullo spirito del power/speed della metà degli anni ‘80, ha fondato un’anima tosta e robusta, destinata a durare nel tempo.

Alle tre band sopra menzionate, infatti, si devono aggiungere i brasiliani NervoChaos, nati nell’ormai lontano 1996 e autori di una cospicua discografia comprendente tre demo (“Nervo Chaos”, 1996; “Disfigured Christ”, 2000; “Necro Satanic Cult”, 2004) e ben sei full-length (“Pay Back Time”, 1998; “Legion Of Spirits Infernal”, 2002; “Quarrel In Hell”, 2006; “Battalions Of Hate”, 2010; “Live Rituals”, 2011; “To The Death”, 2013), di cui l’ultimo, “To The Death” – appunto – , è l’oggetto della presente recensione.

L’analogia con il resto del gruppo, però, si ferma abbastanza presto poiché, come da copione, i quattro di San Paolo basano con forza il proprio sound sui Sepultura che, bene o male, hanno influenzato il metal estremo del Paese sudamericano. Thrash o death, insomma, non fa differenza: a partire dalle formazioni, la maggior parte delle quali rigorosamente a quattro con l’immancabile figura del chitarrista/cantante, gli act provenienti da ogni angolo del Brasile hanno insito, nel loro DNA, stracci provenienti dalle carni di Max Cavalera & Co., definendo così una corrente a sé stante nel panorama mondiale del metallo senza compromessi.

Con una simile premessa si ha subito la sensazione di trovarsi in una strada chiusa, per quanto riguarda la possibilità che i NervoChaos, in “To The Death”, si lascino andare a qualche tentativo d’innovazione: il sound che essi propongono è il ‘solito’, cioè una delle possibili ramificazioni dalla formula di base inventata dal combo di Belo Horizonte, cercando di metterci qualcosa di proprio – questo sì – ma senza innescare movimenti evolutivi degni di nota. La voce non va oltre un solido quanto scontato growling ‘soffiato’, lontano da esagerazioni ‘lavandiniche’ o ‘suiniche’ ma anche privo d’interesse se non per la discreta e scolastica prestazione di Guiller. Il riffing esplora soluzioni ritmiche toste e robuste, tuttavia spesso (troppo) simili ai ‘tornadi’ chitarristici dell’irraggiungibile coppia Cavalera/Kisser. Molto compatta la sezione ritmica che, qui, rimanda per l’appunto al power americano degli anni ottanta, salvo l’intrusione di parti in blast-beats che movimentano un ritmo comunque piuttosto rozzo e involuto. Buona, invece, la capacità della coppia d’asce di metter giù dei soli di matrice classica, che danno un po’ di movimento a una massa esageratamente monolitica facendo correre inoltre il pensiero agli axe-man dell’heavy metal.  

Come intrappolati nei cristalli di un marmo, i Nostri trovano qualche difficoltà anche in fase compositiva. Lo stile, tutto sommato costituito da pochi elementi peraltro immobili su se stessi, non dà adito certamente a una gran varietà di possibilità melodiche. Non passa molto tempo, difatti, che invece di riuscire a memorizzare ogni singolo episodio dell’album, si resta intrappolati in una rete pesante e omogenea in tutte le direzioni. Spalancando la strada alla nemica n. 1 di un’opera d’arte musicale: la noia. Girando e rigirando “To The Death” fra le mani riesce assai arduo individuare qualche singolo episodio da menzionare. Immerse in un grigiore che fa da contrasto alla colorata copertina (pure questa, vista e rivista…), si possono citare l’opener, “Mark Of The Beast”, per il notevole impatto sonoro e la riottosità dell’elementare ritornello. Oltre a essa, la cupa e tenebrosa “Wolves Curse” mostra quel che sarebbe potuto essere e che invece non è stato. La predisposizione dei NervoChaos per le atmosfere sulfuree pare genuina, ed è un peccato non sia stata sfruttata maggiormente per inspessire emotivamente un lavoro piatto e monotono, nonché datato nei suoi presupposti fondanti.

E, ‘datato’, è diverso da ‘old school’.

Daniele “dani66” D’Adamo

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Tracce

01. Mark Of The Beast 2:21     
02. Sheep Amongst Wolves 3:07     
03. Your World’s Trend 3:20     
04. Gospel Of Judas 3:48     
05. The Exile 2:44     
06. To The Death 2:30     
07. Hate 4:12     
08. Smoking Mortal Remains 3:17     
09. Mind Under Siege 3:09     
10. Delusions And Lies 3:33     
11. Destroyer Of Worlds 2:05     
12. Warlords Unbound 3:59     
13. Wolves Curse 4:37     
    
Durata 42 min.

Formazione

Guiller – Voce/Chitarra
Quinho – Chitarra/Backing vocals
Felipe – Basso
Edu – Batteria
 

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