Recensione: Transversal

Di Stefano Usardi - 24 Settembre 2021 - 10:00

Sesto (e per ammissione del loro fondatore anche ultimo) album per i progster londinesi Aeon Zen, “Transversal” chiude idealmente il cerchio ringraziando i fan del gruppo per quanto ricevuto in questi tredici anni di carriera. Strutturato come un singolo componimento di mezz’ora suddiviso in dieci movimenti, “Transversal” si presenta come un unicum piuttosto variegato in cui Rich Gray e soci si divertono ad inserire nella propria trama sonora elementi barocchi, melodie accattivanti, riff bellicosi e fraseggi disincantati (oltre a diversi rimandi al percorso artistico del gruppo nel suo complesso). Non contenti, i nostri tornano di tanto in tanto sui propri passi per riavvolgere il tutto e giocare con diversi leitmotiv che si riaffacciano, più o meno dissimulati, in varie parti della composizione, rimpallandosi così l’attenzione dell’ascoltatore. Questa volontà che potremmo definire di ricapitolazione si nota anche nella copertina dell’album, in cui vengono inseriti elementi dei precedenti artwork del gruppo per chiudere il cerchio anche da un punto di vista visivo. Dal punto di vista musicale, i nostri non fanno mistero del loro amore per i Dream Theater, mescolando con una certa abilità carica propulsiva, solennità e malinconia ma senza troppe dimostrazioni di abilità strumentale fini a se stesse. Ciò permette loro di confezionare un’opera sfaccettata e sempre accattivante ma senza scadere nella vuota esibizione di saccente vanagloria, anche se in alcuni casi si percepisce uno scarto un po’ troppo netto e disorganico nel passaggio da un movimento all’altro.

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Si parte in modo leggiadro, malinconico: dopo un arpeggio acustico “I: Twilight” si distende su tempi lenti e melodie compassate, languide, che pian piano si caricano di una spinta incalzante per poi sfumare in un nuovo arpeggio che scivola nella quasi strumentale “II: A New Day”. Qui, dopo un’apertura drammatica, i nostri introducono elementi più ariosi, quasi da colonna sonora cinematografica, che cedono il passo alla voce di Rich solo nel finale. “III: Chase the Sunrise” prosegue il discorso giocando però con velocità e consistenze diverse, affiancando fraseggi sinuosi e melodici ad altri più duri e spigolosi, per un pezzo che nella parte centrale strizza un occhio (o forse entrambi) ai propri numi tutelari Dream Theater. “IV: 10,000 Eyes” torna ad abbassare i ritmi avanzando carezzevole, salvo poi farsi più dura nel finale che apre a “V: Force of Fire”, segmento più diretto e combattivo, nella cui seconda parte i nostri alzano il tasso di pathos eroico giusto in tempo per “VI: Lines Redrawn”, che la butta sull’epica battagliera – manco fosse la colonna sonora di un film di science fantasy anni ’80 – riportandomi alla mente i Symphony X di “The Odissey”. Il mezzo passo falso arriva, a mio personalissimo avviso, quando i nostri non insistono con questo tono tracotante ma incastonano a forza nel pezzo un fraseggio per certi versi destabilizzante, che ne spezza la tensione e cede poi il passo a “VII: Purgatory Rechristened”. La partenza neoclassica sviluppa una traccia nuovamente combattiva e diretta, che i nostri infarciscono con profumi e sapori diversi mantenendo, stavolta, un buon equilibrio interno. “VIII: Twilight Reprise” altro non è che un intermezzo in cui si riprende la prima traccia in vista di “IX: It Ends as it Began”, che incede con piglio solenne ma senza smarcarsi troppo dalla vena malinconica che ammanta, a voler ben vedere, buona parte dell’album. Questo profumo quasi elegiaco si avverte soprattutto nella parte centrale del brano, che poi riacquista una certa enfasi corale giusto in tempo per il finale. Chiude l’album “X: Forever”, introdotta da un pianoforte inquieto. La traccia si carica fin da subito di un certo pathos, stemperato poi nel prosieguo più dimesso; l’ultima fiammata enfatica arriva poco prima del finale soffuso, con il quale i nostri prendono commiato dal loro pubblico.

Transversal” è un bell’album, elegante e ben eseguito, che mescola con gusto atmosfere accattivanti e carica propositiva e sebbene dimostri in alcuni casi una certa impulsività, soprattutto nei raccordi tra i vari movimenti che lo compongono, assicura una mezz’ora di ottima musica. Ascolto consigliato.

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