Recensione: Under The Gray Banner

Di Domiziano Mendolia - 24 Gennaio 2012 - 0:00
Under The Gray Banner
Band: Dragonland
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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75

Ci sono voluti ben cinque anni perché i Dragonland portassero a termine il loro Under The Gray Banner. Un vero peccato, perché qualcosa da dire questi cinque svedesi ce l’hanno sempre avuta, a partire dalla loro comparsa sulla scena alla fine degli anni ’90 e soprattutto in seguito, quando hanno pubblicato dischi di buona fattura come Astronomy nel 2006. Il ritorno della band non poteva che essere all’insegna del power metal più epico e sinfonico. Nonostante la formazione abbia subito dei cambiamenti (il batterista Morten Lowe Sorensen entra al posto di Jesse Lindskogante che passa alla chitarra ritmica, mentre Anders Hammer sostituisce Christer Pedersen al basso), i Dragonland hanno raggiunto uno standard qualitativo ben superiore alla media. Forse dal punto di vista del songwriting potremmo liquidare con toni superficiali “Under the gray banner” come un buon album di metal melodico pesantemente influenzato da gruppi come Rhapsody of Fire, Kamelot, Epica, Sonata Artica ecc.., ma la realtà non è proprio così: i Dragonland non solo riescono a rivisitare un genere già inflazionato, emulando i propri maestri, ma sono in grado di arricchirlo di nuovi elementi.

L’andamento dei brani segue tempi medio-veloci e, nonostante alcuni intermezzi più lenti, l’ascolto trascorre senza calo di tensione grazie a composizioni che non si limitano solo a funamboliche dimostrazioni di tecnica.
Il disco apre con Ilmarion, introduzione in puro stile fantasy hollywoodiano dal grande impatto emozionale che spalanca le porte a Shadow Of The Mithril Mountains, rocciosa canzone power giocata su riff possenti, una batteria martellante e, soprattutto, su un refrain ad effetto che colpisce all’istante; il pezzo presenta inoltre venature epico-eroiche che fungono da collante tra i momenti soft e quelli più tirati. The Tempest è un altro corposo brano epico, basato su un solenne mid-tempo dagli influssi sinfonici e drammatici, ben supportato da una robusta sezione ritmica che contiene molto bene l’alterazione delle atmosfere che vanno a sbocciare in un melodico ritornello.
Con A Thousand Towers White l’ombra dei migliori Kamelot alleggia sulla band: la coppia di chitarre Mörck /Lindskog suona con tutta la furia di cui è capace e Jonas Heidgert, pur non facendomi impazzire come voce, merita grandi lodi per il suo cantato impeccabile e passionale dando vita ad uno degli highlight del disco. Fire And Brimstone prosegue sulle stesse coordinate stilistiche, ma gode di soluzioni inaspettate che la rendono interessante: intermezzi folk, parti tiratissime e orchestrazioni “divine”, danno vita a un intenso brano dove non possiamo non notare, tra l’altro, i bellissimi duelli tra un indemoniato Holmlid alle tastiere e il già citato Mörck che snocciola assoli neoclassici con grande padronanza. Potenza orchestrale e velocità dominano nella bella, ma prevedibile, The Black Mare micidiale mazzata guidata da un chitarrismo heavy che fa da contraltare alle maestose tessiture tastieristiche per poi svilupparsi in un epico ritornello che porta alla mente i primi Rhapsody. Lady Of Goldenwood si sviluppa su sognanti atmosfere dal retrogusto medievale dove i Dragonland dimostrano di trovarsi a loro agio, donando particolare profondità ed enfasi a una canzone che risulta essere convincente e mai banale. Le atmosfere si ingrigiscono con Dûrnir’s Forge traccia dall’incidere sabbathiano e dai riff densi e profondi dove non mancano inflessioni doom impreziosite da adeguate atmosfere tastieristiche. Paradossalmente, i Dragonland sembrano meno efficaci quando si lanciano su ritmiche serrate rincorrendo a reminiscenze power-speed come nel caso di The Trials Of Mount Farnor dove, a mio avviso, si perdono quegli elementi magniloquenti che generalmente escono fuori su pezzi più equilibrati. La lunga title track lascia a bocca aperta, riassumendo tutti quelli che sono i punti di forza dell’album: cori maestosi, voce sognante, sprazzi di aggressività e magniloquenza, potenza, ritornelli affabili e riuscitissimi passaggi orchestrali.

Insomma un album consigliato a tutti gli amanti del genere grazie anche ad una produzione accurata (affidata a Jacob Hansen), a linee melodiche di classe e a una varietà sempre difficilmente riscontrabile tra le odierne releases. Forse i Dragonland preferiscono andare sul sicuro e non lanciarsi in rischiose sperimentazioni, ma sono sicuro che se lavoreranno di più in fase di songwriting limando quel senso di déjà-vu, diverranno qualitativamente inattaccabili.

Domiziano Mendolia                                     


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Tracklist:
01. Ilmarion
02. Shadow Of The Mithril Mountains
03. The Tempest
04. A Thousand Towers White
05. Fire And Brimstone
06. The Black Mare
07. Lady Of Goldenwood
08. Dûrnir’s Forge
09. The Trials Of Mount Farnor
10. Throne Of Bones
11. Under The Grey Banner
12. Ivory Shores

Line Up:
Jonas Heidgert – Vocals
Olof Mörck – Lead Guitar
Jesse Lindskog – Rhythm Guitar
Morten Lowe Sorensen – Drums
Elias Holmlid – Keyboard
Anders Hammer – Bass
 

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