Recensione: Unhallowed

Di Alberto Fittarelli - 25 Giugno 2003 - 0:00
Unhallowed
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Genere:
Anno: 2003
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60

Gli USA, nell’ambito del metal estremo, non hanno troppe sfumature: o si basano sull’estremismo più totale o deviano verso pericolose e spesso tristi commercializzazioni musicali, non alleggerendosi, ma appesantendo ciò che un qualsiasi network musicale può tranquillamente trasmettere all’ora di pranzo. Sinora quindi gli States non hanno certo dimostrato una grande tradizione in fatto di death melodico, che si pone più o meno nel mezzo, e la cosa si sente in pieno nella musica dei The Black Dahlia Murder, da Detroit.

Ciò che ci propone questa band, al suo esordio su album e direttamente per una label importante come la Metal Blade, è lo scolastico rifacimento di quanto già espresso in un decennio da decine di bands europee tra At The Gates ed il ‘nuovo’ death/thrash del trittico svedese Soilwork/Darkane/Carnal Forge: si va dalle ritmiche veloci e mutuate dal thrash agli stop’n’go con successivi rallentamenti sulfurei in pieno stile floridiano, dai fraseggi ‘maideniani’ a linee di chitarra che si avvicinano anche al black scandinavo. Tutto al posto giusto, si direbbe; e invece no, manca la componente fondamentale, quella che ti fa innamorare di qualsiasi disco: l’anima. Non si può infatti ripetere a memoria tutto quanto sentito da altri, dimostrare di essere bravi a suonare ed a comporre canzoni carine, quando di queste canzoni all’ascoltatore non resta nulla, neanche dopo ripetuti ascolti: se non avessi davanti una tracklist infatti sarebbe davvero difficile distinguere un pezzo dall’altro, dato che nessuno di essi ha quel qualcosa in più che faccia saltare sulla sedia, o che almeno si lasci ricordare.
Tutto sembra svolto col rigore dei bravi alunni, ma da qui a valere l’acquisto ce ne passa… in questo senso, persino il doppio tipo di cantato, ovviamente con il solito binomio screaming/growl, lascia il tempo che trova e diventa addirittura fastidioso, in alcuni momenti; è significativo che l’unico particolare che mi abbia colpito sia un breve riff industrialeggiante in The Blackest Incarnation. Per il resto evito direttamente di snocciolare titoli di pezzi tutti uguali, sparati a mille e senza una sola illuminazione divina, e per di più con una produzione leggerina, che amplifica le voci e sommerge decisamente la sezione ritmica, facendo mancare di cattiveria le pur veloci composizioni.

Non trovo molto altro da dire a riguardo di Unhallowed: non mi sento certo di bocciare questo gruppo, che in fin dei conti porta fino in fondo il suo compitino senza troppe sbavature, ma va tenuto presente che in un mercato che si sa essere sempre più affollato questo disco può tranquillamente cedere il passo a lavori migliori. A voi quindi la decisione finale.

Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli

Tracklist:

1. Unhallowed
2. Funeral Thirst
3. Elder Misanthropy
4. Contagion
5. When the last grave has emptied
6. Thy Horror Cosmic
7. The Blackest Incarnation
8. Hymn for the wretched
9. Closed casket requiem
10.Apex

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