Recensione: Unhealthy Mechanisms

Di Daniele D'Adamo - 24 Novembre 2023 - 0:00
Unhealthy Mechanisms
78

I Go Ahead And Die, nati nel 2020, sono una delle entità mostruose create dalla mente del leggendario cantante/chitarrista fondatore dei Sepultura, Max Cavalera. Stavolta, ad affiancarlo in questa avventura il figlio, Igor Amadeus Cavalera, pure lui voce poi chitarra e basso, e infine Johnny Valles alla batteria, fresco di nomina.

Il genere? Un po’ di tutto. Thrash, groove, punk, hardcore, crust, death, compreso rock’n’roll (sic!). Ovviamente miscelato con bravura – e non poteva essere altrimenti, data la caratura dei protagonisti – , sì da creare un sound prevalentemente death, tuttavia caleidoscopico nella sua forma definitiva, finale.

Il che origina uno stile praticamente unico nel panorama del metallo oltranzista. Uno stile che muta continuamente, sinuoso come un serpente nello sfiorare le fogge musicali anzidette ma fermo e inamovibile nel rispetto dei dettami di base e, pure, in quelli… secondari. Di base ci sono fondamentalmente, si perdoni il gioco di parole, thrash e death. Su di essi, una volta individuata la percentuale reciproca, tendente come detto al death, si erge una sovrastruttura di valenza secondaria multiforme, multicolore, ricchissima di particolare di gustare a poco a poco.

Tendente al death, si è detto. Si tratta tuttavia di un orientamento davvero minimo rispetto alla direzione del thrash. Del resto cosa ci si poteva aspettare da uno dei Maestri che ha scritto pagine e pagine di quest’ultima manifestazione artistica? Da un uomo che risponde al nome di Max Cavalera? Il quale, come qualsiasi buon padre di famiglia, ha instillato bordate di metal estremo nel DNA del discendente diretto Igor Amadeus.

Ad arricchire ulteriormente un sound che offre davvero tanto agli appassionati delle emozioni forti, in “Unhealthy Mechanisms”, secondo full-length in carriera, non mancano inserimenti ambient cupi, tenebrosi, che lasciano in bocca un intenso sapore di inquietudine. Il che è in linea con le tematiche distopiche del disco, incentrate sul decadimento mentale dell’Umanità, teso a portare le menti stesse a vivere solo e soltanto di dolore.

L’impatto frontale di brani come l’opener-track ‘Desert Carnage’ o ‘Split Scalp’, fatte a brandelli da scatti imperiosi di blast-beats, è davvero imponente, violentissimo, aggressivo all’inverosimile. Anche in questo caso si è di fronte a chitarristi di eccezione, per cui non ci si deve stupire dell’estrema robustezza di un muro di suono costruito da un riffing semplicemente devastanti. L’impronta del accordi è thrashy, e su questo non si potevano avere dubbi; essi s’intersecano però furiosamente fra loro nella tipica modalità death, che è quella dell’approccio zanzaroso alla questione. Inteso, quest’ultimo, non nel sound quanto nella forma. E, in mezzo al furore ritmico della sei (o sette) corde, baluginano qua e là, come lampi di un temporale, assoli acuti, affilati e taglienti come lame da rasoio.

Da rilevare, inoltre, l’ottima prova fornita da Igor Amadeus alla voce. Harsh vocals isteriche, schizofreniche, feroci, ideali per materializzare il disfacimento delle funzionalità cerebrali. Se si fa mente locale, spesso utilizzate dal padre in occasione della sua permanenza nei Sepultura.

Tornando ai brani, essi scivolano via con scioltezza, con naturalezza, senza intoppi, senza cali di tensione. Il che non è roba da poco, se si tiene conto della molteplicità delle tipologie artistiche messe sul piatto. Il rischio di sfilacciamento dell’insieme dei brani stessi è elevato, dati gli input in gioco. La classe non è acqua, però, e quindi il pericolo di mettere assieme song troppo dissimili l’una dall’altra è evitato con classe, appunto. Con che, aumenta esponenzialmente la longevità del platter, poiché anche dopo reiterati ascolti il piacere di ricominciare daccapo è intenso.

“Unhealthy Mechanisms”, per la sua estrema disugualità, è un lavoro che dovrebbe essere presente, in linea puramente teorica, nelle corde di un pubblico piuttosto vasto. Se così non fosse, sarebbe un peccato giacché Max e i suoi due compagni hanno messo giù una buona dose di originalità, merce rara di questi tempi (cfr.: ‘Chasm’). Qualcosa di unico, qualcosa da possedere: “Unhealthy Mechanisms”.

Daniele “dani66” D’Adamo

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