Recensione: Unutterable Horrors

Di Daniele D'Adamo - 26 Gennaio 2018 - 16:46
Unutterable Horrors
Band: Scaphism
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2018
Nazione:
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60

Gli Scaphism nascono nel 2007 come progetto solista del chitarrista Evan Woolley. Poco dopo aver realizzato il demo “Butchered and Devoured” (2008), la formazione si completa e comincia a produrre il tradizionale materia da gavetta. Altri due demo (“Live at Church”, 2009; “Rib Tickling Brutality and Hilarious Atrocities”, 2010) e uno split con i Boarcorpse e i Composted. Finalmente, nel 2012, il debut-album “Festering Human Remains” e, infine, quest’anno, il secondo full-length, “Unutterable Horrors”.

Il combo di Boston propugna un death metal classico, scevro da contaminazioni varie, rimanendo così fedele allo zoccolo duro del genere. La strumentazione è essenziale e non ci sono arricchimenti di sorta: “Unutterable Horrors” suona diretto, sincero, evitando qualsiasi forma di orpelli e abbellimenti di ciò che, in effetti, non bisogna mai dimenticarlo, è uno stile amelodico, ricco di dissonanze e spesso indigesto, almeno per gli stomaci meno abituati alle sonorità estreme.

Che, poi, nel caso in ispecie, non raggiungono livelli di insostenibilità come accade altrove. Il processo produttivo di “Unutterable Horrors” è semplice, pulito, coerente, e consente di discernere con immediatezza ogni nota, ogni accordo, ogni movimento compiuto dagli strumenti, voce compresa.

Ovviamente non potevano mancare gli assalti all’arma bianca, dettati dalla furia dei blast-beats come per esempio accade in ‘Vaults of Pestilence’ e ‘Trepanate the Undesired’, tuttavia l’ordine e la pulizia regnano sempre sovrani, consentendo in tal modo all’ascoltatore di esprimere con chiarezza un proprio giudizio sull’operato di Woolley e dei suoi compagni.

Di contro, un approccio siffatto esclude a priori la produzione di elevati livelli di potenza. Lo stile degli Scaphism è infatti piuttosto scolastico, nel senso che si bada molto alla costruzione delle varie componenti della struttura di base del sound, tralasciando un po’ la definizione dell’impatto complessivo, invero leggermente fiacco e con poco nerbo. Si riesce ad avere qualcosa in più in termini di attacco frontale in occasione dei ridetti blast-beats, ma questa circostanza è alla fin fine scontata.

Anche le otto song non riescono a incidere più di tanto. Come scritto più su, l’approccio degli Scaphism alla questione è enciclopedico, per cui, pur concedendo ai Nostri l’onore per aver rispettato una buona continuità e un discreto spessore, le song stesse non differenziano poi molto le une dalle altre, intrappolate in uno schema compositivo ingessato che non regala sorprese di sorta.

Per questo, pur apprezzando la difesa della causa e l’attaccamento al vero death metal, “Unutterable Horrors” non decolla, galleggiando su una sufficienza risicata che, probabilmente, al momento, è il massimo che riescano a raggiungere gli Scaphism.

Non di più, però.

Daniele “dani66” D’Adamo

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