Recensione: Vanexa [Lp reissue]

Di Stefano Ricetti - 8 Maggio 2014 - 0:10
Vanexa [Lp reissue]
Band: Vanexa
Etichetta:
Genere:
Anno: 2014
Nazione:
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90

Come ormai anche i sassi sanno, a cavallo fra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, in Inghilterra nacque e si sviluppò spontaneamente la New Wave of British Heavy Metal, il movimento musicale e di costume più importante in assoluto riguardo la  nostra amata musica di tutta la storia. Anche in Italia, come nel resto del mondo, il verbo della NWOBHM iniziava ad ammorbare l’aria e quattro ragazzi del savonese, inebriati dal profumo portato dai venti britannici, nel 1979 costituirono una fra le primissime HM band italiane che, al contrario dei colleghi più legati a stilemi blues ed hard rock, fu l’antesignana delle sonorità anglosassoni sopra menzionate.

Ancora oggi, sentendo il primo disco dei Vanexa, a stento si crede che non sia stato realizzato da una band di Sheffield piuttosto che di Leeds e non a caso la rivista Rockerilla, unico e inimitabile riferimento per i metalhead italiani all’epoca, li etichettò come la risposta italiana ai Saxon. La formazione vedeva Silvano “Syl” Bottari dietro le pelli, Sergio Pagnacco al basso, Roberto Merlone all’ascia e Marco “Spino” Spinelli alla voce.

La novità risiede nel fatto che, per la prima volta nella storia, esce in questo 2014 la versione a 33 giri del disco con quella che doveva essere, già nel 1983, la copertina originale, poi mutilata a livello cromatico per i sempiterni motivi legati al vil denaro. Va dato merito alla band di avere confezionato il disegno come se davvero il tempo si fosse fermato a trentun anni fa: la spada vanexiana profuma infatti ancora della muffa e del sudore dei fottuti, irripetibili, anni Ottanta, senza l’apporto di taroccate stilistiche al computer e men che meno del contributo di qualche designer rampante schifosamente modernista! Oltre al suono dei dieci brani, rimasterizzato, il packaging di “Vanexa 2014” comprende un poster 42×28 cm. della classic killer line-up Bottari/Pagnacco/Spinelli/Merlone e il flyer 15x 21 cm. color giallo del leggendario Festival di Certaldo. Per chiudere, il retrocopertina dell’Lp ricalca il più fedelmente possibile la grafica e l’impostazione di quello dell’83, tenendo ovviamente conto delle doverose modifiche legate in primis alle bonus track nonché all’integrazione dei loghi delle etichette: Black Widow, una fra le migliori label  underground in Italia e Ruins Records, oltre ad altri piccoli particolari, ad esempio per sistemare arrapanti strafalcioni naif del tempo che fu.             

 

“VANEXA”

Si parte con Metal City Rockers: uno sferragliare animale di chitarra spiana la strada al vocalist Spino, mattatore insieme all’ascia di Roberto Merlone di questo brano fottutamente british HM carico di una velocità spropositata per chi fino ad allora si era dovuto “accontentare” dei mostri sacri dell’Hard Rock dei Seventies. Nella traccia successiva un riff classicissimo doppiato dal cantato vene interrotto dal chorus “Lost War Sons” che per i puristi avrebbe potuto essere po’ più “pieno” ma la produzione dell’epoca in Italia si sa quello che fosse. A metà pezzo i Vanexa improvvisano un ideale batti e ribatti con il pubblico, idea originale per quei tempi, per poi finire il brano a la Motorhead.

Come il manuale del giovane metallaro insegna un altro gran riff di chitarra è posto all’inizio di I Wanna See Fires, traccia che poi si sviluppa su ritmi più rock‘n’roll (di quelli robusti però) che non heavy metal. Da sottolineare il gran lavoro dell’inossidabile e granitica sezione ritmica dei Vanexa Bottari/Pagnacco (da sempre uno dei punti di forza del gruppo). In 1.000 Nights il ritmo si fa forsennato, al limite del nascente Speed Metal (God bless Exciter!) e il singer Spinelli dà tutto quello che può: che mazzata! Grandi Vanexa, Grande Metallo! Rebellion, prima delle tre bonus track, chiude il lotto dei pezzi compresi nella SIDE A fra le urla di Spino e un refrain così ficcante che dovrebbe essere scritto sul porfido di via Paleocapa, in quel di  Savona, a imperitura memoria.

Il basso martellante di Pagnacco inseguito dalla chitarra di Merlone introduce If you Fear the Night, prima traccia della SIDE B dell’ellepì, che ricorda molto nell’incedere The Eagle Has Landed dei cugini d’oltremanica Saxon (…ma và?). Si tratta di  un mid tempo che fin dal primo ascolto in quel lontano 1983 mi è rimasto subito impresso grazie anche all’interpretazione del vocalist che, lungi dall’essere un fuoriclasse, (ricordiamoci chi c’era in giro in quel periodo in Inghilterra e negli USA) dimostra di saper cantare oltre che urlare.

Si arriva quindi ad Across The Ruins, il lento strumentale del lotto, che parte con un arpeggio di chitarra acustica suadente accompagnato dalle note di  violino di Giuseppe Merlone fino a che il ritmo non si fa più energico, con la chitarra a menare le danze pregna di un feeling anni Ottanta che è sempre una goduria trapanarsi attraverso i padiglioni auricolari! Il terzo pezzo rappresenta uno dei cavalli di battaglia dei liguri: Rainbow in the Night. Cavalcate ferocemente NWOBHM dettano legge fino all’esplosione (invero contenuta) del chorus inneggiante al “Rainbow in the Night”: uno dei pezzi migliori di tutto il 33 giri, senza dubbio. L’epilogo del brano vede Spino superarsi nell’urlo finale fra le cascate di chitarra che raggiungono il meritato orgasmo siderurgico. Una curiosità che mi confidò Syl: nell’ultimo concerto dei Vanexa della loro storia presso un pub della Mandolossa in provincia di Brescia, dopo che i Nostri avevano distrutto volutamente gli strumenti, l’estasiato pubblico continuò ad intonare il coro “Rainbow In The Night” per parecchio tempo…

Sunshine in her Eyes, la seconda bonus track del lotto delle tre proposte, risalente come le altre al 1980/1981, mette in evidenza il lato dolce dei duri e puri Vanexa da Albissola Marina. Il riff portante di chitarra, sentito milioni di volte negli anni successivi da milioni di altre band non inficia la profonda interpretazione di Spino, grande anche nella parte più vigorosa centrale ove pure Merlone si prende i propri momenti di gloria. Sempre la mannaia di Roberto apre One Night Women, canzone adrenalinica con bene in evidenza il basso di Sergio Pagnacco. Da applausi il taglio dark fornito dal singer alla propria prova, poi schitarrata finale da manuale, a calare definitivamente il sipario sul vinile a 33 giri.

Nota: quella che avete letto sinora è in parte la stessa recensione di “Vanexa” uscita sempre qui su Truemetal il 14 marzo del 2007, a firma del sottoscritto.

 

I Vanexa, musicalmente parlando, rappresentano una gloria nazionale da non dimenticare. La passione, il credo ed il piglio di questi quattro metallari ha avuto pochi uguali nella penisola. Tornate idealmente con la testa al 1983, ovviamente, per poter giudicare con obiettività storica… converrete che la storia dell’HM italiano passa necessariamente, ancora una volta, per i solchi neri di “Vanexa”.

Amen.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

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Vanexa official site: www.vanexa.org

 

 

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