Recensione: Verso Est

Di Fabio Vellata - 25 Gennaio 2014 - 20:09
Verso Est
Band: Ushas
Etichetta:
Genere: Hard Rock 
Anno: 2013
Nazione:
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73

Un connubio di elementi all’apparenza antitetici e poco in sintonia tra loro, si legano integrandosi in un album dalle profonde radici hard n’heavy imbevute di sensazioni letterarie, filosofia orientale e prosaica vita da strada.

Cantato interamente in lingua italiana, il disco di debutto dei romani Ushas è un’interessante mescolanza di ispirazioni che, pur mantenendo come forma di base il tradizionale hard rock sgommante d’impronta anglo-statunitense, si perde concettualmente lungo sentieri remoti e strade antiche, in un’unione tra la schiettezza vigorosa del rock e suggestioni filosofiche dall’originalità quanto meno significativa.

Evocativo sin dal moniker scelto – Ushas è il nome della dea dell’alba Vedica nel pantheon Indù – il quartetto tricolore per una volta sfata inoltre il mito che vorrebbe determinati suoni preda esclusiva di idiomi anglosassoni, lasciandosi apprezzare anche nella versione tutta “nazionale” di un hard comunque coriaceo e virile nell’approccio.
Forse proprio in ragione del cantato – alle nostre orecchie più facilmente comprensibile – il gruppo del chitarrista Filippo Lunardo acquisisce doti di fascino superiori alla media, offrendo una più immediata visione della singolare miscela.
In presenza di vocals “anglofone”, in effetti, tracce quali “La Via Della Seta”, “Verso Est”, “Sheri Heruka” e “Dai Tetti di Gaden” avrebbero probabilmente assunto la veste di piacevoli momenti di semplice heavy rock-blues ammantato di qualche asprezza, rendendosi tuttavia prive di quelle peculiarità utili nel renderle in qualche modo differenti rispetto a quanto proposto da numerose band d’estrazione musicale analoga attive sulla scena.

Immagini che si connettono alle tematiche del viaggio, del lontano oriente e del buddismo Indo Tibetano, scorrono sullo sfondo di chitarre corpose (di buonissimo livello il lavoro di Lunardo) e ritmiche energiche – sebbene mai eccessivamente roventi – lasciando di quando in quando spazio a frammenti di vita “on the road” nelle vissute e romanzesche “Sangue e Carne”, “Desperados” e “Maledetta Notte”.
Pezzo “principe” di “Verso Est” è ad ogni modo la selvaggia “Fuorilegge”, episodio iniziale che, movendosi al ritmo arrembante del più classico hard n’heavy, disegna una storia fumettesca degna di Frank Miller e del suo Sin City, componendo un quadro “motociclette-ribellione-sparatorie-heavy rock“ quasi da manuale.
La graffiante voce del singer Giorgio Lorito è infine buona protagonista nell’ennesima peripezia stradaiola di “Io Non Sono Qui”, mid tempo roccioso dall’evidente ispirazione seventies, che alimenta l’anima più indomabile del gruppo capitolino.

Spiritualità orientale e fisicità occidentale: una sorta di “yin-yang” in versione hard rock che unisce Zeppelin, Purple, Rainbow e Ac/Dc con tematiche ed atmosfere talora rarefatte ed oniriche.
Un’unione solo all’apparenza inconciliabile che attraverso il songwriting degli Ushas dimostra invece di poter funzionare con buoni risultati.

Long live Buddhistic rock’n roll!

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