Recensione: Void

Quarto full-length in casa Aviana. Si tratta di “Void“, che giunge a tre anni da “Corporation” e a nove dalla loro nascita in quel di Göteborg.
Svezia, dunque. Che, grazie al DNA dei suoi abitanti – progettato per il metal e per la musica in generale – , riesce a svettare anche nel campo del melodic metalcore, generalmente terra di conquista degli act provenienti dalla Gran Bretagna e/o dalla Germania. Il che, del resto, non deve nemmeno stupire più di tanto, giacché la nazione scandinava è in grado di mettere sul piatto gente come gli Imminence, a parere di chi scrive fra i più grandi nel genere di cui trattasi. E non è certo un caso che il cantante nonché violinista di questi ultimi, il talentuoso Eddie Berg, presti la sua opera in “Worlds Pulse“.
Melodic sì ma non troppo. A parte alcuni passaggi da classifica come “Storm Ablaze“, i Nostri pestano duro grazie a un sound potente, rabbioso, preciso come la lama di un bisturi e quindi penetrante, che non lascia indifferenti. La commistione con l’electronic music è notevole e svolge un ruolo di primaria importanza, all’intero del disco. Con il risultato di inspessire maggiormente, semmai ce ne fosse stato il bisogno, ciò che fuoriesce dalla strumentazione elettrica e dalla voce (“Evermore“).
A tal proposito, Joel Holmqvist interpreta i testi con harsh vocals tremende, da scartavetrare le membrane timpaniche. Certo, la voce pulita compare eccome (“Heavenly Sparks“), ma non è il leitmotiv totalizzante di “Void“. Tant’è che in “Into the Void“, per centrare un esempio, si possono ascoltare bordate al fulmicotone di blast-beats sparati alla massima velocità possibile (sic!). Il che non è certo retaggio, per così dire, della foggia musicale in esame. Ovviamente ciò non deve indurre a pensare che gli Aviana si avvicinino alle proposte statunitensi, ove il metalcore è tutto fuorché armonico. Tuttavia, ogni tanto, una bella bordata allo stomaco piomba dal nulla come il diretto di un pugile.
Se proprio si vogliono analizzare le tracce da cui proviene la melodiosità più concentrata, una è la ridetta “Worlds Pulse“, l’altra è “Iter Incipere“, e cioè l’intro strumentale, davvero trascinante quale tratto maggiormente immersivo dell’album. Questo non deve essere assolutamente considerato un neo, ma solo un incipit coinvolgente atto a preparare per bene il cammino che, da “Father“, conduce a “Worlds Pulse“.
Perché, in primis, “Iter Incipere” è anch’esso un segmento massiccio, possente, che lascia presagire che il sound del combo svedese sia tutto, fuorché da signorine. Infatti, nemmeno a chiamarli, con “Father” giungono subito una selva di micidiali stop’n’go, di quelli tirati al massimo, di quelli che spezzano la schiena. Breakdown che non sono certo un elemento di originalità ma che fanno sempre il loro effetto, se eseguiti alla perfezione.
Breakdown dai toni ribassati e ritornelli esplosivi, un’antitesi totale che è segno caratteristico primario del melodic metalcore. Chiaramente la band nordeuropea rispetta questa regola, ma non ne fa una ragione di vita. Come più su accennato, i chorus sono orecchiabili ma mai stucchevoli, ribadendo con ciò un’innata predisposizione a sfasciare i neuroni cerebrali invece che ad accarezzarli. Un’indicazione che svela la natura intrinseca degli Aviana, deputata principalmente a farsi notare per l’elevata energia che strizza dalle varie canzoni, in certi momenti sostenuta addirittura dal growling.
Malgrado la vivida attitudine per la violenza sonora (“Delirium“), comunque a volte accompagnata alla dolcezza dei cori, i brani che compongono il platter sono piacevoli da mandare a memoria, seppure occorra una specifica predisposizione al metal estremo. Gli Aviana non sono affatto una formazione facile, e infatti occorre parecchio tempo per tirar fuori il meglio da “Void“. La loro classe sia esecutiva, sia compositiva, in ultima analisi, consente loro di trainarsi fuori dalle sabbie mobili della monotonia con scioltezza e fiducia nei propri mezzi.
Daniele “dani66” D’Adamo
