Recensione: VYR

Di Daniele D'Adamo - 4 Novembre 2018 - 17:33
VYR
Band: Sectorial
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2018
Nazione:
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80

Fra le pressoché infinite definizioni, croci e delizie del mondo del metal, occorre aggiungerne un’altra: ethnic death metal. Intuibile comprenderne il perché: trattasi di death metal suonato, anche, con i tradizionali strumenti della tradizione popolare.

Che è quello che s’ingegnano di produrre gli ucraini Sectorial, miscelando alla furia demolitrice del death metal il richiamo arcaico attivato dall’uso di flauti, corni, cornamuse, ecc.; scelti fra gli usi e costumi sia della loro terra natia, sia della Scandinavia.

“VYR” è il loro terzo full-length in carriera, cartina al tornasole per scremare chi ama questa sorta di fusion e chi no, dato atto di una raggiunta maturità stilistica in grado di delineare, con estrema precisione e a tinte forti, le coordinate musicali che definiscono il loro marchio di fabbrica. Un marchio di fabbrica così particolare che i gusti personali diventano una discriminante importante per stabile se tutto quanto ciò possa piacere oppure no.

Peraltro, non è la prima volta che la manifattura arcaica fa capolino in parecchi progetti abbraccianti tutti i generi musicali padri in cui è suddiviso il metal (heavy, black, death, power, ecc), per cui non si può gridare al miracolo. Tuttavia, non sono poi molte le band che ammettono nella loro essere manifestazioni etniche profondamente incarnate nel loro sound. E questo è già, di per sé, un gran merito, per i Nostri, che, grazie alle loro idee, rispolverano manufatti che rischierebbero, altrimenti, di essere fagocitati dalle nebbie del tempo.

L’incipit del disco, ‘The Observer’, ambient, immerge chi ascolta nella terra del mastermind Ivan “Burz” Kozakevych, burbero cantore di storie calibrate sulle manifestazioni della Natura, sui suoi miti e le sue credenze. Subito dopo, però, la violentissima ‘Exodus of the Winter’ devasta terra, acqua e fuoco con una spaventosa dose di aggressività belluina. Il sound diviene ciclopico, monumentale, inarrestabile, scandito dalla forza del battito delle percussioni oltre, naturalmente, a un drumming che travolge i limiti dei territori del blast-beats. Sono proprio gli strumenti a percussione, unitamente al bombardamento a tappeto del basso, a erigere l’impetuoso muro di suono che, finalmente, lascia emergere dal suo perimetro il death metal in tutta la sua energia, in tutta la sua potenza, in tutto il suo schianto deflagrante. Il quale, per inciso, lascia anche un po’ di spazio per le divagazioni melodiche della chitarra di Dmytro “Trit” Vashchenko. Sì, perché “VYR” è tutto, fuorché un disco di melodic death metal.

La struttura musicale dei Sectorial non lascia spazio a né sentimentalismi né a sdolcinature (‘Above the Abyss’). La foga demolitrice del combo di Boyarka travolge tutto e tutto, adattandosi come modus compositivo a quello popolaresco, in genere privo di orpelli armonici per via di una visione dura e disincantata della durezza della vita.

Come lascia ben intravedere l’epica ‘Sea Vs. Stones’, rabbiosa manifestazione di energia incanalata allo stato brado, violentissima esplosione di un death metal fosco, oscuro, che non lascia prigionieri. Intervallato da segmenti eseguiti con piglio folcloristico che innescano visioni di burroni senza fine, cime innevate, spoglie pareti rocciose a piombo, altipiani spazzati da venti artici eterni.

Non c’è tregua, e difatti ‘Foggy Hill’ prosegue usufruendo di un vigore che non sembra avere mai fine. La chitarra, autrice di un riffing sterminato, si trova, a volte, ad essere accompagnata, nell’esecuzione degli accordi, dall’accento della lira ad arco o della cornamusa. Per un risultato complessivo arcigno e glaciale.

Finalmente giunge la strumentale suite strumentale ‘Ordinary Talk’, che funge da giro di boa per le song del platter, in cui la band della regione di Kiev da sfoggio di sé nell’assoluta bravura e professionalità nell’avere a che fare con corni, flauti, trembita e così via.

Poi si ricomincia daccapo a macinare watt e decibel con ‘Millstone’ e la mostruosa ‘Morning Gleam’, che riporta i Sectorial sui sentieri del death metal, così ben caratterizzato da loro stessi. Una caratterizzazione che non trova molti riscontri, altrove, dando così luogo una fresca dose di originalità, necessaria quando una foggia musicale necessita di ossigeno per sopravvivere. I Sectorial sono i… Sectorial e non possono essere confusi con altri ensemble, nell’affollatissimo panorama musicale del metal estremo.

Nient’altro da dire se non… bravissimi!

Daniele “dani66” D’Adamo

 

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